Adesso era tutto perfetto, adesso non mancava più niente, adesso non ci sarebbe più mancato nulla… Ma manchiamo noi…
Adesso c’era davvero tutto.
Adesso non mancava niente, adesso non c’era niente da pensare, niente da doversi preoccupare: c’era tutto quello che ci sarebbe servito ad essere felici, ad essere sereni, ad essere, finalmente, noi, come avremmo voluto, con i nostri ritmi, con la nostra conoscenza che ci permetteva, ormai, di essere l’uno ombra dell’altro.
Che gran peccato…
Certe volte ci penso, ci rifletto, tento di trovare pezzi che mi sono perduto per la strada, ma giungo sempre alla conclusione che – per carità – è stato, forse, anche meglio così, non c’è sicuramente nulla da eccepire, anche perché, a ragion di logica, se qui c’è uno che ha guadagnato qualcosa, è quasi certo che quello sono io. Vuoi mettere la libertà da una catena che poteva diventare un tritacarne sempre più grande, sempre più enorme, sempre più gigantesco e “totalitario”?
Eppure, vedi, nonostante tutto ciò, nonostante le tante nuove consapevolezze che questo tempo e la conoscenza mi hanno donato, non riesco ancora a capacitarmi della violenza con cui quella meraviglia che era il nostro amore si sia estinto. O meglio, “capacitarmene” è una parola sbagliata, perché quella fase è da mo che è bella che passata, ma ti resta dentro un amaro, una tristezza, un senso quasi di sdegno che, quasi, fa scolorire quel bello che abbiamo vissuto.
Si, va bene, era solo una gigantesca illusione, per carità, perché l’amore è altro, i sentimenti sono altre cose, la gente, la vita, la quotidianità, sono tutte cose diverse rispetto a quelle che mi hai fatto vivere, ma quell’amaro resta lo stesso, non tanto per l’aver fallito con qualcuno – o meglio, per aver fallito per colpa / per mano di qualcuno – ma, semplicemente, perché ci credevo realmente.
Mi resta tra le mani la consapevolezza di una libertà troppo grande. Necessaria, ma troppo grande…