Bozze per un romanzo


Capitolo 5

Era giunta nuovamente la sera.
Soliti programmi alla TV , e solite risate con quei comici su schermo che tanto lo facevano ridere… Era ormai il suo unico passatempo, e soltanto grazie a loro, a quella trasmissione che guardava ogni sera, divertente e solare, riusciva a farsi quattro risate senza pensare a quel che doveva vivere ogni giorno. Come sempre, la trasmissione finì, e la sua mente cominciava ancora a rimuginàre sempre sulle stesse cose, sui soliti pensieri, ripetuti e sempre uguali, e non capiva proprio perchè quella donna, invisibile fino a poco tempo prima, fosse tornata di prepotenza nella sua vita. Cosa poteva volere ancora?
Non voleva crederci, e se anche una piccola voce dentro lui gli consigliava di ascoltarla, perchè forse quella volta era davvero sincera, lui trovava subito il modo di metterla a zittire, ricordandosi di quanto male aveva dovuto subire per lei, quanto dolore, quante lacrime versate guardando la luna, nelle sere d’estate solo, al balcone.
Eppure lui era lì, da solo. Aveva quasi voglia di aprire la finestra e guardare la luna, ma uno stimolo irrefrenabile ad accendere ancora il pc lo colse. Stavolta, però, ne era davvero stanco, e seppe resistere. Preferì decisamente andare a riposare. Forse la notte avrebbe portato consiglio.
La notte passò in fretta, quasi nel tempo di voltarsi dall’altra parte.
Era tempo di cominciare un’altra giornata, di guardarsi intorno e fare spazio tra quelle cose che non gli servivano più, come glis tessi ricordi e le stesse preoccupazioni che un tempo lo prendevano, ma che d’altro canto, ormai, aveva imparato a domare e a gestire, se era il caso.
Giù nella doccia, un cornetto e via, verso un’altra giornata di lavoro.
Il lavoro: il suo mestiere d’insegnante era l’unica cosa che ancora sapeva dargli soddisfazione e spensieratezza.
Alle volte capitava di non aver lezione alle prime ore, ma a lui piaceva andare lì e sedersi in sala degli insegnanti, attendendo che cominciasse la sua lezione. Rimaneva lì, nel silenzio dell’ampia stanza illuminata, piena di cassetti e di armadi in ferro, con una grande finestra che si apriva su un balcone al centro di un giardinetto fiorito, che nel caldo tiepido del sole nel primo mattino d’una primavera, emanavano fragranze di gelsomini e ricordi, di emozioni che lui stesso aveva gia vissuto. E rimaneva lì, con la finestra socchiusa, a correggere i compiti che il giorno prima i suoi alunni avevano svolto. Tutti rimanevano strabiliati: era l’unico insegnante che in una sola giornata riconsegnava corretti i compiti ai suoi alunni, e forse era apprezzato anche per questo. Il tempo di scambiare quattro chiacchiere con la collega “a disposizione”, termine usato per indicare gli insegnanti con ore libere che possono essere chiamati per far supplenza, magari persi nell’amaro di un caffè della macchinetta, in quel bicchiere bianco tinto di caffeina. E tra uan cosa e l’altra, non si dimenticava mai di portarsi appresso il suo portatile, con il messenger sempre attivo sulla barra delle applicazioni. Non lo chiudeva mai, neanche quando spiegava: piuttosto, preferiva mettere lo stato di “Non al computer”.
“Che bella cosa il wireless”, pensava: la meraviglia di poter navigare senza dover cablare il computer con cavi che pendevano tutto intorno, ma stando tranquillamente seduto dove voleva. Il tempo di leggere le ultime news della sua squadra del cuore, qualche blog d’informazione, e due chiacchiere con gli amici, e il tempo gli scivolava addosso senza che neanche se ne accorgesse.
Correggeva quei compiti quasi automaticamente: ormai non si meravigliava più degli errori che quegli alunni commettevano, sempre gli stessi. Quella mattina, correggendo il compito di una delle sue alunne, e guardando quella calligrafia, gli tornò alla mente la sua stessa calligrafia. Che strano scherzo del destino: due calligrafie quasi uguali, e la mente che torna a pensare , a ricordare. Si affrettò a correggere: 8+. Passò al prossimo.
Poi il suono della campana: era il suo turno.
Uscì dalla sala dei professori, e s’avvio lungo il grande corridoio che arrivava dritto all’ultima stanza a destra, la classe dove avrebbe tenuto la sua lezione.

(Continua)

Bozze per un romanzo : solo una cosa voglio aggiungere . Non pensate che davvero quanto ho raccontato sia la fotocopia di cose accadute realmente . Magari ho preso spunto , ma per tutto il resto è soltanto frutto della mia fantasia .
Questo racconto , come tutti quelli che seguiranno , sono PROTETTI DA LICENZA CREATIVE COMMONS LICENCE .
E’ vietata la copia e la riproduzione , siano esse anche parziali .

Se qualcuno fosse interessato al mio racconto , può contattarmi privatamente dalla sezione “Contatta Il Giomba”

(C) Giomba – C.C.Licence
Riferimenti: Capitolo 6

29 Commenti

  1. Aveva proprio ragione annanihil
    ho imparato a farci caso, ogni volta che pubblichi un post ti AUTOVOTI freccetta verde Su
    la megalomania alberga in te abbassa le ali va..
    Un lettore attento

  2. Un lettore ancora più attento

    Non accetti critiche vero? Ma chi ti credi di essere con la tua boria? La smetti una volta per tutte di autolodarti e di crederti superiore a tutti? Sei una nullità Giombazzo,mi fai pena!

  3. bel racconto e carino il tuo sito pero’ nel mio piccolo e nella mia inesperienza di informatica e blog vorrei consigliarti di togliere tutto quel colore…intendo la spiaggia, purtroppo non si leggono bene i racconti e i commenti. ciaooo

  4. Ciao devo dire che scrivi fluente, ho notato che hai tolto gli spazi prima della punteggiatura :-) e leggo la tua solita originale interpretazione della licenza Creative Commons :-) Cmq bravo, quasi perfetto direi.
    Non scrivo un romanzo perché sarebbe incompiuto, semmai scriverò una raccolta di racconti, di cui alcuni scritti a 13 anni, e lo stile è quello “flusso di INcoscienza” del blog :-D ti cito solo una frase di “Farsi un’amica”:
    “Vedo una e le faccio: ciao cosa studi di bello? Fluidodinamica delle macchine? Ah ho capito, da grande vuoi fare le pompe. Intendo dire, progettare compressori, quella roba lì.”
    bye

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