Certi dolori non passano. Si nascondono, ma non passano.

Certi dolori non passano Si nascondono ma non passano

Ci sono dolori che non passano: si nascondono, mutano, restano silenziosi, ma in fondo, molto in fondo, non passano mai davvero…

Questi non sono giorni facili. Per niente.

Ci sono sofferenze interiori che non si dovrebbero mai augurare, veramente, a nessuno: il dolore non si equipara e non ha “bilance” che soppesano un quantomai strambo “peso” della sofferenza. Il dolore è dolore. Tutto uguale. Anche quello che ci sembra stupido se paragonato ad altri tipi di sofferenza. Ma il dolore, ve lo assicuro, è sempre lo stesso, anche quello che molti, stupidamente, guidano “cretino”.

Non sono giorni facili, e non lo sono più da tanto, troppo tempo: da un certo periodo della mia vita in poi, non riesco più a godere le feste. In cuor mio, spero che passino presto e si portino via con loro quello strascico di silenzio, di malinconia, di pesantezza, di vero, puro, profondo dolore.

La città, in fondo, sembra così grande, ma poi, se ci pensi, ti ritrovi a camminare per luoghi che ti fanno tornare indietro a duemila pensieri, ad una vita fa, quando era tutto diverso, quando era tutto, realmente, più vivido: così, ieri pomeriggio, ho preso l’auto e me ne sono andato via, senza sapere neppure io dove stessi andando. Ho solamente acceso la radio e me ne sono andato: in certi punti, l’auto camminava da sola. Avevo un piede fisso sul freno, uno sulla frizione, ma lei, serenamente, camminava, senza che neppure corressi, ed ondeggiava silenziosamente, e sembrava quasi cullarmi nel suo moto automatico, nel suo incidere silenzioso, nel suo andare così lento e così preciso.

Camminavo, e mi sono ritrovato a rivivere duemila ed un ricordo, tra le strade, tra le persone, tra le vie: ho vividi ricordi di pomeriggi trascorsi a perdersi per la città, ad andare non si sa neppure dove, ma ad andare via. Le strade, in fondo, sono rimaste sempre le stesse, così come i ricordi, così come il tutto estrapolato dal niente e dal vuoto che c’è rimasto: la radio continuava a suonare, in sottofondo, senza nessun fastidio, ed io ho rivisto luoghi che ho solcato tante, tante, tante volte. Ero da solo, veramente da solo. Solo con me stesso, con la musica che faceva da cornice e l’auto che andava: camminando, ho visto una scena che mi ha lasciato ancora più senza voglia di parlare, e quasi di respirare.

In Via Filippo Turati, alle spalle del noto Teatro Politeama, ho visto dei pendolari caricare le loro valigie su un autobus, una classica “corriera” che, verosimilmente, stava portando via qualcuno: c’erano due ragazzi che si stringevano forte, e si baciavano mentre lei piangeva. Io ero fermo al semaforo eternamente rosso, e solo lo strombazzare dei clacson dietro di me mi ha riportato alla realtà e all’impulso di muovermi e togliermi da li. Guardavo ed immaginavo cosa, in quel dannato momento, quei ragazzi stessero provando. Poi, sono andato via e non ho più avuto il coraggio di parlare con nessuno.

Da troppo tempo vorrei che il tempo delle feste voli via e passi in fretta, per permettermi di tenere il cervello impegnato altrove, per permettermi di immergermi nel casino di ogni giorno, nel vocio della gente, il rumore delle auto, la quotidianità di ogni singolo momento.

L’ho detto e lo ripeto: ci sono sofferenze che nessuno può vedere. Forse, le capisce solamente chi vive dolori simili ai nostri, capaci di frantumarti il cuore a cento pezzi più uno: vivi nella costante attesa che “qualcosa si farà”, “qualcosa succederà”, “qualcosa si organizzerà”, “qualcosa cambierà”, ma ti ritrovi, maledettamente, seduto su un panchina, a fare i conti con il dolore che hai dentro e che nessuno riesce a vedere…

…Io, comunque, sul terzo canale della radio, in macchina, ho ancora quella stazione che ha fatto da cornice a decine di pomeriggi, sopratutto delle domeniche, e da qualche parte ho accantonato il meglio che c’è stato e che è rimasto: cerco di non distruggere quel bene anche se penso a quanto male esso abbia ricevuto, ma io, in qualche maniera, resto seduto su quella panchina.

Qualche cosa deve accadere. Qualche cosa deve accadere in nome di quel bene. Qualche cosa deve accadere.

Scrivi un commento

SEGUIMI ORA SU INSTAGRAM: Scopri i reel, le dirette e tantissimi contenuti esclusivi! CLICCA QUI!