Me lo sono ripetuto mille volte nella vita, ma non l’ho imparato (e non lo imparo) mai: la riconoscenza non appartiene a questa terra…
È una cosa triste se solo ci pensi, eppure le vicende di ogni giorno e tutta quella catriveria che vedo in giro mi fanno comprendere come la riconoscenza non appartenga a questa terra.
Puoi fare tanto, tantissimo per la gente, puoi spezzarti la schiena e dividerti in due, ma saranno sempre ed esclusivamente pronti a pugnalarti alle spalle e punirti per anche una sola tua piccola manchevolezza.
Non importa cosa tu abbia fatto, quanto tu abbia lavorato e sudato per loro: saranno pronti a farti fuori dalle loro vite e trattarti da estraneo, esattamente come se tu non fossi mai esistito.
E così, d’un tratto vedi scomparirti, strapparti dalle mani, tutto quello che hai costruito e portato avanti: ah si, mi è capitato tante di quelle volte nella vita. Lo dicevo, paradossalmente, su Facebook qualche giorno fa: la gente non ci mette nulla a buttarti nel cesso, perché, fondamentalmente, penso ci sia una cosa, chiamata cattiveria, che fa da filo conduttore al tempo di molti. In fondo, in quale altro modo è possibile definire chi ti getta sul ciglio di una metaforica strada della vita senza sentire nemmeno un minimo rimorso di coscienza? In quale altro modo puoi definire chi ti ha abbandonato dopo averlo salvato? In qualche altro modo puoi definire chi ti ha condotto in alto per i suoi interessi, e, quando ha voluto, si è sentito padrone di decidere della tua vita buttandoti giù da una metaforica rupe?
La morale, l’insegnamento, resta solo e soltanto uno: la riconoscenza non è di questo mondo. Forse è un bene, un sentimento, uno stato d’animo riservato alle anime troppo buone per vivere sulla faccia della terra.
…E per chi vive le conseguenze dell’ingratitudine, ci assicuro, non è affatto facile sopravvivere sapendo che è stato tutto, incredibilmente, inutile e sprecato!