L'Italia e l'impossibile sfida della ripartenza

Per la GiombOpinione: siamo sicuri che l’Italia sia davvero pronta per ripartire? I dati sembrerebbero affermare tutt’altro: ecco perché.

C”è chi è convinto: l’Italia, nel 2015, sarà pronta a ripartire. Ma siamo sicuri che non sia soltanto fumo negli occhi?

Se consideriamo che sette milioni di lavoratori guadagnano meno di mille Euro, e se consideriamo che nemmeno la Laurea fornisce più un salario adeguato, con medie che si aggirano sugli 800 Euro per un neolaureato, viene difficile credere che l’Italia sia pronta per ripartire. Di contro, però, un top manager arriva a guadagnare la paga di 225 operai: tipiche contraddizioni all’Italiana…

Ah, e poi ci sarebbe quella questione “della felicità”: sapevate che l’Italia è uno dei paesi meno felici al mondo? Colpa della crisi, dell’ansia del non arrivare a fine mese, dei debiti, delle paure. Per capirci, Panama e Costa Rica sono molto più felici di noi: in Italia, si sentono veramente soddisfatte soltanto 18 persone su 100, probabilmente quella piccola parte che guadagna in maniera spropositata, come visto qualche riga sopra… Eppure, un italiano su tre teme la povertà, e 44 italiani su 100 sono costretti a sacrifici per curarsi.

Forse è anche per questo che gli economisti sono davvero pessimisti sul tema della “ripartenza”: per rimettersi davvero in piedi, l’Italia dovrebbe recuperare quei milioni di posti di lavoro bruciati durante la crisi, che difficilmente si potranno recuperare. E se questo è già un problema, le cifre non promettono niente di buono, con i giovani sempre più disoccupati (44 su 100).

Questo porta, inevitabilmente, a dei tagli per le famiglie, costrette ad avere un occhio di riguardo al portafoglio: il 60% delle famiglie italiane, dichiara di aver diminuito gli sprechi, arrivando a cucinare anche il cibo scaduto da diversi giorni, e preferendo i prodotti a chilometro zero, che, essendo locali, costano molto meno. La situazione, tuttavia, comporta un netto taglio degli acquisti, sia alimentari che non, con conseguenza diretta di un’economia che stenta a ripartire, in barba a tutti i fantadiscorsi che vengono portati avanti.

E poi ci sono quelle famiglie che non hanno nemmeno una casa: ben 2.300.000 famiglie,  in Italia, non hanno soldi per permettersi un tetto sulla testa. I soldi sono troppo pochi rispetto alle spese e ai debiti, e così ci si accontenta di vivere in pochi metri quadrati di spazio rigorosamente in affitto. Qualcuno, poi, in preda alla disperazione, decide di farla finita: nel 2013, ben 149 persone si sono tolte la vita per la crisi, con tasso addirittura doppio rispetto all’anno precedente. A tutto questo, bisogna aggiungere che, sempre nel 2013, in alcune zone d’Italia sono stati più i morti che i nuovi nati, e questo non accadeva, addirittura, dal 1867. In fondo, perché far nascere un bambino, quando ci troviamo in una nazione in cui il 47% della popolazione è a rischio di forte povertà? Se di “crescita” possiamo parlare, dobbiamo dir grazie agli stranieri, che con la loro presenza hanno fatto segnare un +2% di residenti nella Nazione.

I giovani sono sempre più sfiduciati: 43 su 100 non studiano e non lavorano, e non si investe più neppure sulla “figliolanza”, con gli asili tra i più cari in assoluto e il 50,2% delle madri costrette a non poter mandare i figli, appunto, in asilo, per via delle rette troppo care. Ci si sposa sempre meno, con forte calo dei matrimoni, che, nel 2013, sono stati meno di 200.000 .

Alla luce di tutto questo, siamo veramente sicuri che l’Italia sia pronta per ripartire? Non per male, ma qualche dubbio mi viene…

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