Riappropriarsi della comunicazione

Ma porca miseria si è rotta la TV: ma proprio adesso che dovevo vedere come andava a finire al Grande Fratello? E adesso che si fa, senza Televideo, senza Digitale Terrestre, senza “Guida elettronica dei programmi”?

E adesso ci si riappropria della comunicazione.
Ci si riappropria di quei silenzi perduti: si torna a guardarsi in faccia anzichè guardare lo schermo illuminato. Si ricominciano a sentire le voci della gente in casa, e non quelle dei presentatori TV. Si torna a parlare a tavola, tra un’insalata e un panino, raccontando la giornata, sorridendo, riflettendo, discutendo.
A pensarci bene, si era quasi perduta la sensazione di comunicare senza che la TV si sovrapponga alle altre voci: è quasi come riscoprire i rumori della casa, dell’acqua che scende dal rubinetto, delle stoviglie nel lavandino, dello sciacquone, delle auto che passano. E’ quasi come tornare indietro di tanti anni, quando la TV non c’era e, al massimo, potevi udire la voce di Corrado alla radio ma, di certo, non mentre si pranzava, o si cenava.
Il pranzo e la cena erano momenti sacri, aperti dalla preghiera di ringraziamento per il cibo nel piatto (chissà in quanti si sono dimenticati, e si dimenticano, di ringraziare Dio per quella bistecca nel piatto, per il pane caldo, per l’acqua, il vino e le lasagne fumanti! N.D.Giomba). Proprio la preghiera rimarcava la “sacralità” di quell’evento che si ripeteva per due volte al giorno.
Poi, si cominciava a mangiare, in rigoroso silenzio: impossibile pensare che quel silenzio, quasi religioso, fosse rotto dai suoni, dagli effetti speciali, dalla pubblicità, da quelle voci così impersonali che ti martellano!

Non è sempre un male che la TV, talvolta, si sfasci: staccare la spina, alle volte, fa soltanto bene!

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