Uccidersi a 95 anni: perchè?

Il riferimento al regista Mario Monicelli, suicidatosi lo scorso 29 Novembre all’età di 95 anni: ma cosa spinge un uomo di quell’età all’estremo gesto?

Le cause possono essere tante, e non tutti possiamo sapere cosa passi per la mente di un uomo che decide, a quell’età, di dire basta: di certo, la depressione è sicuramente una causa.

Molti amici del regista, infatti, sostengono che era depresso, specialmente per via della malattia che lo aveva colpito, e per cui era ricoverato al momento del suo suicidio.

Non si sa se c’è, poi, uno “spirito di emulazione”: anche il padre del regista, anni addietro, si era tolto la vita.

Qualcuno, poi, pensa che sia “un finale alla Monicelli”: un uomo particolare che ha deciso di “non far decidere alla vita quando morire”. Un intricato gioco di parole che spiega la scelta del regista: farla finita per essere, fino alla fine, padroni della propria vita. Padroni di dire “basta” quando si vuole, padroni di non fare scegliere alla morte quando colpire, padroni di scriversi il proprio finale.

I gesti che hanno portato il regista al suicidio rimarranno, probabilmente, oscuri, e probabilmente ognuno trarrà le proprie conclusioni: resta un quesito “di coscienza”. Se è vero che il suicidio non è mai giustificabile, può diventarlo nel momento in cui la gesta estrema diventa una “scelta di libertà”?

Paradossalmente, questo quesito ricorda la “questione di coscienza” che Dante innalza nell’Inferno della Divina Commedia, quando incontra Pier Delle Vigne e non riesce a condannare il suo suicidio, perpretrato in nome della libertà di ogni individuo.

Pier, infatti, era stato ingiustamente arrestato, e piuttosto che morire in cella preferì uccidersi, in nome della propria libertà: chissà che anche Monicelli non abbia pensato di farla finita per salvare la propria libertà. La libertà di scegliere.