Giornalismo partecipativo: reato o innovazione?

Ci pensavo già da qualche tempo, ma giusto oggi ho trovato l’occasione, e forse anche l’ispirazione giusta, per farmi questa domanda: il “giornalismo partecipativo” cambierà il mondo di concepire e fare giornalismo, o sarà sempre visto con pregiudizi insiti nel concetto di “citizen journalism”?

Parte del mondo giornalistico, infatti, sembra nutrire ritrosie non indifferenti nei confronti del citizen journalism, condannando l’uso di un Blog per fare “informazione”, rigorosamente tra virgolette, ci mancherebbe!

Le “invasioni di campo” non sono mai state viste di buon occhio dai giornalisti stessi, che fin dai tempi della nascita dei Blog condavvano l’uso dei diari online per una forma di “giornalismo cittadino”, nato, cioè, dal basso, da quegli “strati sociali” maggiormente a contatto con la notizia stessa.

Il “giornalismo partecipativo” prevede che sia il singolo cittadino a fare la notizia stessa: la notizia giunge così “pura”, non trattata.
Infatti, non passa attraverso i vagli redazionali della censura, delle “linee editoriali” e di tanto altro: la notizia è pura, ovvero, arriva direttamente da chi la  vive in prima persona  e “fa” notizia.

La critica più aspra riguarda l’indebita “carica” che si andrebbe a ricoprire: il vero giornalista è quello con il cartellino, iscritto all’albo e stop. Non puoi azzardarti a fare “notizia” anche se non sei giornalista, ma sei blogger. Ecco, in breve, il “succo” della vicenda. E via alle polemiche.

Il disegno di legge “Levi Prodi“, un’altra grandiosa idea (!?!?!?) della sinistra, tentò di mettere “una pezza” a questa situazione, cercando di trovare un equilibrio e una regolamentazione atta a “dettar legge” anche al mondo dei Blog. La rivolta sul web costrinse lo stesso Levi a precisare che la legge non era applicabile ai Blog.

Personalmente,
ho sperimentato, e sperimento ogni giorno, il “giornalismo partecipativo”: sono un blogger e non mi viene in testa di dire “sono un giornalista”, nonostante studi per diventare tale.

Francamente, prendo la cosa come un vero e proprio bavaglio al mondo dei Blog, oltre che come una specie di “presa di posizione (dominante)” da parte di chi fa il giornalista (e, giustamente, vuole difendere la categoria, così come i blogger difendono la loro, N.D.Giomba)

“Blogging is not a crime”, direbbe qualcuno: e come dargli torto: ma allora da cosa nasce tutta questa ritrosia?

Francamente non lo so, e non lo capisco: so soltanto che la mia esperienza a BlogSicilia, che continua giorno dopo giorno, mi ha insegnato, e continua ad insegnarmi tanto. Ho capito tante cose di questo complicato mondo, come ho capito che l’esperienza diretta insegna molto più di quanto non insegnino i libri, che sono importanti e vanno studiati.

Replico a dire: non mi sognerei mai di dire che “sono un giornalista”: sono un blogger e me ne vanto. Ho iniziato con il mondo dei Blog oltre sei anni fa, quando ancora (quasi) nessuno sapeva cosa fosse un Blog, e quando dicevi a qualcuno “sai, quella ragazza ha un Blog” la gente credeva che avesse una malattia tropicale! :mrgreen:

BlogSicilia ha reso possibile il sogno di tanti, compreso il mio: avere una redazione, fare notizia, scrivere le mie opinioni. Come tanti, a BlogSicilia, io stesso sono appasionato del mondo giornalistico, e m’impegno giorno dopo giorno. Non per questo, mi sento di essere un “truffaldo” perchè sono un “blogger”.

Di parole potrei ancora aggiungerne tante: francamente, mi basta l’indignazione nel leggere che c’è chi pensa che i blogger siano “il cancro dell’informazione”. Di parole buttateal vento, giusto per il “gusto” di dirle se ne sentono tante, tantissime: una in più, in fondo, non penso faccia la differenza. Camminare dritti per la propria strada è l’unica soluzione possibile: il mondo, in fondo, è bello perchè è… “avariato”!

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