Il Giomba intervista il genealogista Marcello D'Aleo

Sabato 27 Marzo, ho avuto il piacere di intervistare il geneaoligsta Marcello D’Aleo, che mi ha parlato di se e della sua particolare (e curiosa) professione: buona lettura!

– Ciao Marcello, e anzitutto grazie per aver accettato di essere nostro ospite: prima di parlare della tua professione, sicuramente “particolare”, parliamo un pò di te. La prima domanda che vorrei farti, per quanto banale possa sembrare, ti è stata sicuramente fatta da tante persone: da dove nasce la tua passione per la genealogia? La nutrivi già da piccolo?

Si, è una passione che coltivo fin da bambino: ricordo che tormentavo i miei nonni con mille domande su chi fossero i loro nonni e i loro antenati… Quando ho compiuto tredici anni, le risposte dei miei nonni non bastavano più a colmare la mia curiosità e volevo andare oltre i “ricordi di famiglia”: così, ho pensato seriamente di ricostruire l’albero genealogico della mia famiglia. Così, mi recai presso l’Ufficio di Stato Civile del Comune di Palermo, mi presentai al capo ripartizione di allora, che fu ben felice di aiutarmi. Così è cominciato il mio “viaggio” nella genealogia: strada facendo, ovviamente, mi sono “fatto le ossa”, confrontandomi con la necessità di imparare un “metodo di ricerca” e con la necessità di imparare a leggere i documenti antichi, con grafie completamente diverse da quelle moderne, prendendo delle “cantonate” e facendo degli errori, fino alla fine dei miei studi superiori, quando mi sono iscritto all’università. A quel punto, mi sentivo già in grado di svolgere ricerche genealogiche in maniera professionale, anche se i successivi 23 anni d’esperienza mi hanno permesso di perfezionarmi sempre più.

– Prima di parlare della tua attività professionale, vorrei parlare un pò di te: chi è “Marcello D’Aleo”?

(Sorride) Marcello è un tranquillo quarantunenne che vive, da solo, nella sua casetta a Bagheria, in provincia di Palermo: ama la musica, sopratutto quella degli anni ’80, ama fare trekking, la buona cucina, le buone letture e non ama la televisione.

– Parliamo, finalmente, della tua professione, sicuramente curiosa: che cosa fa, in concreto, un “genealogista”?

Un genealogista, partendo da un dato certo, o anche approssimativo, relativo a una persona (data di nascita, data di matrimonio, data di morte…) riesce a ricostruire, a ritroso, la storia della famiglia di quella stessa persona fino al più lontano capostipite documentabile.

– Da quali fonti si attingono i dati per le ricerche?

Come punto d’inizio, ci si rivolge agli archivi dei comuni che, qui in Sicilia, conservano atti a partire dal 1820: per i documenti antecedenti a questa data, ci si rivolge agli archivi parrocchiali che conservano, o dovrebbe conservare, i registri di battesimi, matrimoni e sepolture a partire dal Concilio di Trento (siamo, quindi, nella seconda metà del Sedicesimo secolo). Altre fonti sono gli archivi di Stato e gli archivi Diocesani. E’importante aggiungere che le ricerche vanno svolte nel luogo di origine della famiglia.

– Di “pari passo” alla ricerca genealogica si pone la “ricerca araldica”: di cosa si tratta e quali sono, se ce ne sono, le differenze con la ricerca genealogica?

Le differenze ci sono e sono notevoli: molta gente, purtroppo, fa ancora confusione tra la “genealogia” e l’ “araldica”, e utilizzano impropriamente un termine per definire l’altro o viceversa.
Come dicevo poc’anzi, la ricerca genealogica serve a ricostruire la storia di una famiglia fino al più lontano capostipite documentabile: la ricerca araldica, invece, si occupa degli “stemmi”, della loro composizione e della loro storia. Quindi, se nel corso di una ricerca genealogica ci si imbatte in un personaggio che è stato insignito di titoli nobiliari, a quel punto si può andare alla ricerca del suo stemma. Molta gente, invece, si illude che, per il fatto di avere uno stemma appeso nel salotto di casa, sia originaria della famiglia rappresentata dallo stemma, ma in realtà non è così! Quante famiglie “Rossi” ci sono in Italia? Tantissime! Alcune di esse, nel corso dei secoli, sono diventate nobili, altre no. Quindi, il fatto che io mi chiami “Rossi” e il fatto che io abbia appeso, in casa, lo stemma della famiglia Rossi, non mi autorizza a dire di essere discendente da quella famiglia. Per avere la certezza bisogna, appunto, fare una ricerca genealogica.

– Quindi, ricerca araldica e genealogica sono complementari?

Sì, lo sono, ma solo nel momento in cui, nel corso della ricerca genealogica, si scopre che la famiglia era di nobili origini; oppure se si parte da uno stemma si può, tramite la ricerca genealogica, scoprire quali persone hanno avuto posseduto quello stemma e per quale motivo lo stemma è cambiato nel corso dei secoli. La presenza di uno stemma sul prospetto di un edificio o dipinto su un quadro o scolpito su un monumento è certamente un elemento prezioso per stabilire il nome del committente e quindi anche la datazione di quell’edificio, quadro, monumento…

– Nel 1987 hai fondato il Centro Meridionale Ricerche Genealogiche: cosa ti ricordi di quell’esperienza, e quali erano le tue aspettative? Ma sopratutto, cosa ti ha spinto a creare un vero e proprio centro di ricerca?

E’ stata una scommessa con me stesso, un sogno che , adesso, vedo realizzato: volevo fare dela mia passione la mia attività principale: è chiaro che le difficoltà sono state, e sono tante, anche perchè in Italia, al contrario di altri Paesi, non esiste un Ordine professionale dei Genealogisti. Inoltre ci sono enti, ditte, associazioni che dietro lauto compenso rilasciano attestati di nobiltà a chiunque ne faccia richiesta, danneggiando l’immagine di chi invece fa ricerche archivistiche serie e documentate. In una ricerca seria bisogna sempre citare le fonti archivistiche utilizzate e allegare le copie fotografiche dei documenti originali. Bisogna diffidare di chi non fa tutto questo.

Parliamo di informatizzazione di questi dati: auspicheresti la digitalizzazione dei documenti presenti negli archivi ma, sopratutto, pensi sia possibile qualcosa del genere?

Qualcosa di simile è già stato fatto, e continua ad essere fatto: è ovvio che la mole di materiale è talmente vasta che sarebbero necessarie ingenti risorse sia umane che economiche per poter portare a termine progetti di informatizzazione e digitalizzazione dei documenti di grande portata. Del resto, la digitalizzazione è auspicabile anche per una maggior salvaguardia dei documenti originali: oggi, in Internet, ci sono dei siti tramite i quali si può avere accesso a grandi database di documenti storici, ma è chiaro che questi database non potranno mai essere completi ed esaustivi.

– Che tipologia di clientela si rivolge a te?

Mi piace distinguere i miei clienti in due categorie: i “curiosi” e i “vanitosi”. I primi si avvicinano alla genealogia con spirito umile e sono contenti di conoscere la storia della loro famiglia, anche se di umili origini. I secondi, invece, sono coloro che sperano, attraverso una ricerca genealogica, di potere risalire a chissà quale nobile antenato, e purtroppo restano disillusi la maggior parte delle volte: è un dato statistico! Basti pensare a quanti fossero stati i nobili e quanti erano i contadini nel corso della storia: i nobili erano sicuramente una piccolissima minoranza rispetto alla “plebe”.

– Nella realizzazione di una ricerca genealogica o araldica, a quali difficoltà va incontro il ricercatore?

Le difficoltà possono essere varie, ma quasi tutte legate all’accessibilità degli archivi e al loro stato di conservazione. Nel corso dei secoli gli archivi possono aver subito incendi, calamità naturali quali alluvioni e terremoti, furti… Quando un archivio parrocchiale non esiste più o è incompleto, il ricercatore deve essere in grado di colmare le lacune con documenti d’altra tipologia, quali gli atti notarili…

– Pensi che il lavoro del genealogista sia al passo con i tempi? Intendo dire, pensi che ci sia interesse nelle nuove generazioni alla riscoperta delle proprie origini? E come pensi che cambierà, con il progresso, il modo di svolgere il tuo lavoro?

Certo! E’ un interesse estremamente vivo e attuale, anche perchè risponde ad una domanda che l’uomo si è sempre posto: “chi erano i miei antenati?” Penso che chiunque, almeno una volta nella vita, si sia posto questa domanda. Certamente il progresso delle tecnologie informatiche è di grande aiuto al genealogista in alcuni aspetti e momenti della ricerca ma, lo ribadisco, non è possibile fare una ricerca genealogica stando comodamente seduti a casa propria…

– Quale speranza nutri per il futuro della genealogia?

Auspico che in Italia, come in altri Paesi europei, si crei un albo professionale dei genealogisti e quindi anche un codice deontologico. Spero che cambi la mentalità di certa gente che pensa che la genealogia sia soltanto un mezzo per alimentare la vanità e le velleità delle persone: non è vero. La genealogia è al servizio di tutti coloro che vogliono conoscere la storia della propria famiglia, e penso che conoscere la propria storia, le proprie origini sia un desiderio più che legittimo!

– Siamo in conclusione: grazie per il tempo che ci hai dedicato!

Grazie a voi per l’interessamento. Un saluto a tutti i lettori!

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