Infertilità ridotta grazie ad un nuovo enzima recentemente scoperto dai ricercatori: scopriamo insieme di cosa si tratta e come funziona.
“Infertilità” è una parola che, nella quasi totalità dei casi, equivale a grande tristezza e frustrazione, specialmente per quelle coppie alla disperata, quasi ossessiva, ricerca di un figlio, che, purtroppo, non sempre arriva.
L’Università di Berkeley, in California, però, apre a nuove speranze, grazie alla scoperta di un enzime, l’ABHD2, che potrebbe aiutare gli spermatozoi ad arrivare vitali all’ovulo, garantendo, di fatto, maggiori chance di fecondazione. L’enzima in questione, infatti, “risponde”, per così dire, agli stimoli del progesterone, ovvero l’ormone rilasciato dall’ovulo, che, in molti casi, rappresenta già una prima “chiave” contro i casi d’infertilità, sebbene – come è logico – le cause possono essere tante e “disparate”.
Gli spermatozoi, infatti, non possono, da soli, raggiungere l’uovo, ma hanno bisogno di seguire una “traccia”, rilasciata, proprio dall’ABHD2: l’enzima, infatti, contiene un recettore, di norma situato nella membrana esterna delle cellule sessuali maschili, che, quando si attiva, da agli spermatozoi il “comando” di vibrare sempre più veloci, dandogli l’energia necessaria a penetrare l’uovo e dare il via a quel meraviglioso miracolo che chiamiamo, comunemente, vita.
Da qui a sconfiggere l’infertilità, il passo diventa, quindi, sempre più breve: potenziando tale enzima, di conseguenza, si potranno creare farmaci mirati alla sconfitta di tale disturbo, invalidante non soltanto fisicamente, ma anche/sopratutto psicologicamente, dal momento che un uomo non fertile, di certo, non sarà felice, così come non sarà affatto felice una coppia che intende avere un bambino che, purtroppo, non arriva.
Una speranza concreta, insomma, che – si spera – potrà fare la differenza in un futuro, verosimilmente, neanche troppo lontano. Speriamo bene, affinché possano nascere tante nuove mamme… E tanti nuovi papà!