Una vergogna chiamata Italia

Per “La GiombOpinione”, oggi, la vergogna di un Paese in povertà e in agonia. Quel paese si chiama Italia: ecco cosa non va.

Partiamo da un dato: Palermo è la penultima città d’Italia per qualità della vita. Al primo posto Trento.

Fin qui potrebbe sembrare un dato a se, sterile e quasi vuoto: la realtà è, purtroppo, ben diversa da quella che appare. Dietro quel dato che vede Palermo al penultimo posto per qualità della vita, ci sono storie di sofferenza e vergogna, di famiglie in agonia, di giovani senza futuro e di padri di famiglia sull’orlo del suicidio, oberati dai debiti, dalla mancanza di lavoro, dai soldi che non ci sono mentre, tutto intorno, ogni cosa urla il bisogno di moneta per vivere dignitosamente.

Eppure la moneta non c’è, e nemmeno la dignità di una vita che abbia, almeno, quel poco necessario a vivere senza il necessario.

Qualche giorno fa, il padre di un mio amico mi raccontava la sua storia, e della sua famiglia, e mentre mi raccontava i suoi guai mi chiedevo come diamine sia possibile che accadono queste cose alle soglie del 2014.

Sposato, con tre figli, resta senza lavoro a quasi sessant’anni: i figli, tutti disoccupati, tentano di lavorare come possono per dare una mano in casa, ma non hanno nulla di sicuro. La moglie è malata e costretta in casa. E a tutto questo, si aggiunge la tegola del licenziamento per l’unica persona che, fino a poco tempo prima, portava lo stretto necessario per vivere.

I guai, si sa, non vengono mai da soli, e un altro dramma si aggiunge al dramma: il padrone di casa chiede l’aumento, ma i soldi non ci sono. La famiglia, così, è costretta a trasferirsi in una casa ancora più piccola, con due sole stanze, al quinto piano, senza ascensore.

Questo signore mi raccontava questo schifo e quanto sia diventato difficile vivere: alle volte non mangiano, non hanno i soldi per comprare qualcosa e più nessun negoziante intende fargli credito, anche perché, quando potrebbe pagarli?

Fin qui c’è già da rabbrividire… Ma la discussione che mi ha lasciato “di pietra” è giunta quando il discorso è caduto sulle feste: anche tentando di cambiare discorso, quantomeno nel vano tentativo di rasserenarlo, ho chiesto cosa avrebbero fatto durante le prossime feste. Guardandosi intorno, l’uomo mi ha detto: “cosa vuoi, con i tempi così difficili non abbiamo molto da fare. L’anno scorso, pochi giorni prima di Natale, ci hanno staccato la luce perché non avevo i soldi per pagarla, e abbiamo trascorso il Natale con la luce delle candele andando a letto alle nove di sera”.

Tutto questo mi lascia addosso tanta rabbia, tanto sdegno.

Ci si chiede perché Palermo sia penultima per qualità della vita, ma la risposta sembra essere quasi lapalissiana: quando senti questi discorsi, quando ti accorgi di quanta vergogna ci sia intorno, il minimo che ti viene da fare è prendere una valigia e andartene il più lontano possibile, disconoscendo per sempre la tua città e il tuo Paese, che ti sputano in faccia giorno dopo giorno, ripudiandoti come figlio, come uomo, come appartenente ad una Nazione.

E’ bello gridare “Viva l’Italia” alle manifestazioni, alle inaugurazioni, o sotto lo scintillìo dei flash… Ma, in concreto, quanta convinzione c’è dietro quella frase?


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