Ciò che Milano e i Milanesi mi hanno insegnato

Viaggio a Milano

Il grande insegnamento che Milano e i Milanesi mi hanno dato in un viaggio lungo tre giorni, tra emozioni e vita.

Beh, sono qui a raccontarlo, è già un passo avanti!

Come vi avevo promesso, ecco il racconto della mia “tre giorni” tra Milano e Sanremo, in un viaggio ricco di emozioni, speranze, paure e tanti insegnamenti, perché ogni singolo volto che ho incontrato mi ha trasmesso qualcosa.

Partiamo dal principio.

Venerdì 12 Febbraio: volo previsto per le 12, e alle 10 ero ancora alle prese con la valigia che non voleva saperne di chiudersi. Vabbé. Il tempo, tanto per cambiare, non promette niente di buono: pioggia e vento fanno da padroni alla mattinata, e la cosa non depone certo a favore della mia ansia, già decisamente pronunciata all’idea di dover prendere l’aereo per la prima volta. C’è poco da fare: bisogna andare. Un respiro e via.

Strada verso l’aeroporto praticamente deserta: venti minuti e siamo a destinazione.

Dopo le operazioni classiche “di controllo”, ci avviamo all’area degli imbarchi: i miei occhi risplendono di fronte alla meravigliosa visione che mi si pone davanti. Un pianoforte, libero, da poter suonare.

Santo chi ha avuto quest’idea: comincio a suonare e l’ansia, un po, si smorza. Suono senza nemmeno ricordarmi di essere all’interno di un aeroporto, e, dalle stanze, dai bar, dalle sedie vicine, tutti si affacciano e si avvicinano per vedere chi stesse suonando. Qualche turista riprende con il cellulare, ma io proseguo, indisturbato, a ticchettare i tasti del pianoforte. Poi, lo sguardo della mia ragazza che mi indica di sbrigarmi, mi riporta alla realtà: fermo il suono e sento che tanta gente mi applaude. Resto senza parole.

Aeroporto Falcone e Borsellino Palermo

Torno alla realtà: è il momento.

Un hostess si avvicina per iniziare le operazioni d’imbarco: in fila, conosco una signora. Anche per lei è la prima volta, ma non ha paura, in quanto ha seguito dei particolari corsi per contrastare le sensazioni derivanti dal dover affrontare il viaggio. Sembra tranquilla, ma, probabilmente, non lo è affatto!

Imbarco verso Milano

Il gate, improvvisamente, si apre, ed entriamo lungo il tunnel che termina all’interno dell’aereo. L’ansia sale sempre di più e mi attanaglia lo stomaco e la gola, il cuore corre, le mani tremano. Tento di respirare e calmarmi, ricordando il consiglio di un caro amico.

Appena entrati, le hostess ed il comandante notano la mia agitazione, e subito mi tranquillizzano, ricordandomi che tutti loro hanno esperienza, e che faranno di tutto per non farmi sentire nulla, ne a me ne a tutti coloro che sono seduti sull’aereo.

Ci sediamo: pochi istanti e la realtà prende un’altra forma.

L’aereo inizia a muoversi sulla pista, piano, poi veloce, poi sempre più veloce, finché il suo frastuono diventa insopportabile. L’accelerazione diventa incredibile, il corpo si schiaccia contro il sedile, mentre tutto intorno l’aereo trema e traballa, e dal finestrino il paesaggio diventa sempre più veloce e sempre più confuso. Poi, l’aereo si stacca da terra.

Inizia un calvario: il viaggio, purtroppo, non è stato affatto facile.

L’aereo punta verso l’alto, e la sensazione non è certo delle migliori: per qualche minuto continua a salire, a salire, a salire, finché dai finestrini tutto diventa bianco ed indistinguibile. Poi, tutto diventa azzurro, e le nuvole sono sotto di noi: ma è l’inizio di una fase ancora peggiore.

Forti turbolenze s’impossessano dell’aereo: vuoti d’aria e manovre violente mi costringono ad aver paura. La testa mi gira sempre più, sempre più vorticosamente: tento di distrarmi ma non riesco a trovare un punto fisso da guardare. Mi gira tutto, ho paura, e accanto a me un ragazzo mi sorride, rassicurandomi. L’aereo si piega verso destra, virando, e sento come se sto per cadere giù dal sedile: non so più a cosa aggrapparmi, e, senza accorgermene, conficco le unghie nella mano di Simona, che, povera, si ritrova una mano totalmente rovinata (a tal proposito, scusa amore… N.D.Giomba)

Paura di volare no problem

Ansia a mai finire. La signora che ho conosciuto, poco prima, durante la coda al gate, si avvicina e mi da un libro: Paura di volare? No problem!, consigliandomene la lettura in quanto pare che le sia stato di grande aiuto. Li ho capito di aver toccato il fondo…

Poi, finalmente, un po di quiete: dopo circa trentacinque minuti infiniti, l’aereo sembra avere un po più di calma, ed io stesso comincio a calmarmi. Mangio qualcosa, bevo un po d’acqua, fotografo, leggo.

Il viaggio prosegue, mentre sotto il sedile sento come dei dossi: mi spiegano che sono dei piccoli vuoti d’aria assolutamente normali. Lo spero.

Poi, il comandante annuncia che stanno per iniziare le operazioni di atterraggio: l’aereo, di botto, s’inclina verso il basso, e sento ogni singolo movimento. E’ di nuovo paura. Le orecchie si otturano di colpo, torna la paura dell’ignoto. Una forte emicrania mi colpisce nelle fasi finali dell’atterraggio (si scoprirà solo successivamente essere del tutto normale… Ma che sofferenza!). Poi di nuovo le nuvole, poi tutto grigio. E’ Milano Malpensa.

Milano Malpensa

Ho paura, ma sono a terra: scendiamo dalla scaletta e la morsa gelida di Milano ci viene incontro con tutta la sua violenza. Saliamo sul bus che ci porta verso l’uscita, ed approfittiamo per prendere una mappa della città. Siamo fuori. Siamo a Milano.

La città è grande, è immensa, e non sappiamo neppure dove andare.

Di fronte a noi si ferma un autobus: chiediamo informazioni. Un autista, di una gentilezza disarmante, inizia a chiacchierare con noi. Va a prendersi un caffè, e, intanto, ci indica un’edicola in cui poter acquistare dei biglietti. Poi ci invita a salire sull’autobus con lui.

Vedendo la nostra agitazione, ci mette subito a proprio agio: ci racconta la sua vita, il trasferimento a Milano da “uomo del sud”, i primi tempi da fidanzato. Mi parla del Palermo, di Zamparini, ma anche della moglie siciliana e del suo desiderio di visitare la nostra città, che non ha mai visto. Intanto, ci indica la strada.

Nel frattempo, orde di controllori salgono sull’autobus: senti che tutto è diverso, preciso, meticoloso, ordinato, puntuale. Le persone stanno sedute composte, sull’autobus regna il silenzio e l’educazione. Mi guardo intorno e vedo decine di etnie: c’è gente di colore, cinese, un rabbino, una ragazza thailandese, e tutti sono provvisti di biglietto regolarmente timbrato. Qualcuno, vedendomi in difficoltà con l’obliteratrice, mi aiuta e mi da la precedenza nel salire sull’autobus. Educazione e rispetto massimi.

Giunti a destinazione, l’autista ci lascia un suo recapito, per qualsiasi evenienza.

Scendiamo dall’autobus: continua a piovere, e la pioggia ci bagna da capo a piedi, imperterrita, mentre continuiamo a camminare sui marciapiedi che sembrano infiniti, ma tutti, assolutamente ordinati. Non un escremento, non un marciapiede in pessime condizioni, non un cane od un gatto randagio in giro, nulla che non vada. Niente auto posteggiate sul camminamento pedonale, niente sosta selvaggia. Attraversiamo la strada e ogni automobilista si ferma per darci la precedenza, facendo cenno di passare senza preoccuparci. Mi sembra un altro mondo. Sono li solo da pochi minuti, ma sento sulla pelle la differenza. Triste, ma è così.

Continuiamo il nostro cammino: stremati, chiediamo informazioni ad un edicolante. Abbiamo sbagliato strada. C’è da camminare ancora per qualche chilometro.

Sono quasi le tre: ci fermiamo in un locale molto carino. E’ una panineria gestita da dei ragazzi pugliesi: prendiamo una schiacciata pugliese ed una bottiglietta d’acqua. 10 Euro veramente ben spesi.

Il tempo corre, è tempo di ripartire: riprendiamo la nostra marcia mentre la pioggia, incessante, continua a bagnarci senza tregua. Camminiamo lungo strade, vicoli e piazze. Finalmente, svoltato l’angolo, ecco il nostro hotel: ci sembra un miracolo essere riusciti ad arrivare, nonostante tutto e tutti.

Ci accoglie un ragazzo: si nota che non è italiano. E’ gentilissimo, e in poco tempo ci consegna la chiave della nostra stanza. E’ al primo piano, appena girate le scale.

Entrando, ci viene incontro l’odore della stanza chiusa, ma anche un odore di pulito, con una strana nota speziata, quasi orientale. Giusto il tempo di posare le valigie e riposarsi. Stanchi.

Serve una pausa per ristorarsi, per disfare le valigie, per pianificare il da farsi: cavolo, siamo a Milano, non si può perder tempo o non approfittarne per vedere le tante, tantissime attrazioni di questa grande metropoli mitteleuropeacome si diceva un po di tempo fa!

E così, ci rimettiamo in cammino: direzione Duomo.

Poco distante dall’hotel vedo un autobus posteggiato, al capolinea, ma in procinto di partire: corro sotto la pioggia lasciando dietro Simona per chiedere al conducente fin dove l’autobus sarebbe arrivato. Il gentilissimo conducente ATM ci rassicura sul fatto che saremmo arrivati a pochi metri dalla “Madunina”. Si va.

Milano in autobus verso il Duomo

Gli autobus a Milano sono un altro mondo: dalle ampie vetrate vedi scorrere la città, che quasi a fine del pomeriggio, verso le cinque, come nel nostro caso, con la pioggia, sembra illuminarsi di un’aura magica, di colori che sembrano dipinti su di una tavolozza. Ancor più bello, poi, avere l’autobus tutto per se, a quell’ora incredibilmente vuoto. Solo i rumori della città, della pioggia sui vetri, delle luci delle vetrine che si proiettano sulle giacche e sulle gambe.

La strada va liscia come l’olio: niente pedoni che pretendono di passare a tutti i costi, niente manovre azzardate, ma massimo rispetto delle precedenze e delle corsie. Viaggio veloce e davvero gradevole.

Poi, d’un tratto, da dietro un palazzo ecco il Duomo: ci fermiamo poco distanti, in Via Baracchini, camminando sotto i portici verso Piazza Armando Diaz e il suo Monumento ai Carabinieri. E finalmente, camminando ancora un po, eccolo il Duomo, in tutta la sua magnificenza e fama.

Il Duomo di Milano

Osservando bene, sembra che il tempo si sia fermato: la Madonnina risplende, con il suo bel colore dorato, sotto il cielo grigio e gonfio di pioggia, mentre i turisti corrono e fotografano come formiche impazzite. Giusto il tempo per qualche foto e via verso la Galleria, questo luogo extra chic in cui sembra di sentire e vedere, ancora, una nobiltà immortalata, fatta di cilindri e paltò, di guanti e borsette.

Certo, oggi non è più così: la modernità si fa sentire nelle vetrine extra lusso, nei negozi, nello shopping, nei milioni di cellulari e macchine fotografiche che illuminano gli affreschi e le decorazioni.

Massimo Gramellini alla Feltrinelli di Milano

In Feltrinelli incontriamo Massimo Gramellini, che si ferma con noi per una foto: giusto qualche istante e si continua a camminare.

Milano e i milanesi, in genere, hanno uno strano concetto di caldo e freddo: in giro per la città il freddo è tagliente, sebbene è opinione comune, tra tutti coloro con cui ho parlato, ammettere che quest’inverno non è stato, poi, così freddo rispetto agli scorsi anni. Poi, entri in un qualsiasi locale, e ti ritrovi con trenta gradi di temperatura, e sei costretto a togliere tutto. Non appena ti avvicini all’uscita, di nuovo gelo, e quindi devi rivestirti, con la gente che s’infastidisce perché fai perder loro del tempo.

A Milano è vietato far perdere tempo alle persone: a Palermo, ad esempio, quando prendi la scala mobile, sei libero di fermarti ed attendere di essere trasportato. A Milano è fuori discussione: salendo le scale mobili, si viene subito avvisati di tenere la destra, in quanto, a sinistra, si viene superati da orde di milanesi di corsa, quasi fossero sempre in ritardo, che devono correre utilizzando questa sorta di “corsia preferenziale” a sinistra. Se, accidentalmente, ti ritrovi fermo a sinistra, prima si crea una piccola coda, dopodiché cominci ad essere “investito” da una valanga di “permesso”, “faccia passare” e similari, che diventano sempre più incazzati ed infastiditi. Ricordatevelo, se tenete alla vostra incolumità!

Mc Donald's Galleria Milano

Usciti dalla Feltrinelli, è tempo di uno spuntino, immancabile, da Mc Donald’s: qui è tutto più veloce e all’avanguardia. All’entrata, infatti, sono presenti quattro schermi touch, tramite i quali puoi ordinare e pagare, anche con le moderne tecnologie NFC / Contactless. In soldoni, avvicini la carta e scatta il pagamento.

Sergent Baracus

L’interno è molto curato, preciso, pulito, nel tipico stile milanese: consumiamo un muffin ed un cornetto vuoto, restando un po a parlare. Ma a Milano non puoi perdere tempo, ricordiamolo, e pochi minuti dopo si avvicina a noi il sosia del Sergente Baracus dell’A Team (vedi foto qui sopra, senza nessuna esagerazione!), ovvero un uomo alto e muscoloso, di colore, pieno di tatuaggi e dall’accento francese, che ci invita a lasciare il tavolo in quanto non c’era più posto. Wow.

Il Toro della Galleria di Milano

Lasciamo il MC e ci avviamo verso l’uscita della galleria, non prima di aver “pestato gli attributi” del famoso toro della galleria: leggenda vuole che scafazzàre (ovvero schiacciare) gli attributi del toro in mosaico presente nella pavimentazione della Galleria, porti fortuna. Nel dubbio, proviamoci!

Il tempo di comprare qualche ricordo e via. Ci avviamo verso la metro, che prendiamo per la prima volta in quest’istante a Milano. Scendendo le scale, incontriamo due controllori ATM vestiti di blu, un uomo e una donna, che ci sorridono, a cui chiediamo indicazioni.

Anche loro ci raccontano la loro storia, e, a modo loro, ci fanno davvero sentire a casa, accolti in una terra a noi sconosciuta: la signora è nata a Palermo ma da tanti anni lavora a Milano, quindi capisce cosa significhi lasciare venti gradi per ritrovarne due, proprio come è successo a noi, che siamo partiti con lo scirocco e siamo arrivati con il gelo! Il signore, invece, sorride, ed ammette di andare spesso in Sicilia.

Quando scendo giù in Sicilia, capiscono subito che sono un lumbàrd: per me che sono abituato ad avere inverni con meno cinque, arrivare giù da voi a febbraio e ritrovare venti gradi, significa camminare a mezze maniche! Quando i siciliani, chiusi nei giacconi e nei cappelli, mi vedono camminare a mezze maniche, beh… Capiscono subito che sono del Nord! “Milan l’è un gran Milan”, certo, ma la Sicilia è una grande Sicilia!

Metro Milano

E così, c’incamminiamo verso la metro: tempi rispettati al secondo, con una precisione assolutamente encomiabile. La metro arriva e noi saliamo. C’è un gran vociare, ma molto educato e sopportabile: le fermate si susseguono una dopo l’altra, velocissime, e una voce, oltre ai monitor, ci dice, in tempo reale, dove ci troviamo e qual’è la prossima fermata. Finalmente giunge la nostra.

Sbuchiamo fuori, piove ancora.

Tentiamo di trovare la strada verso l’albergo, ma non sappiamo orientarci: santo Google Maps e il suo posizionamento GPS in tempo reale. A Milano ci ha salvato da decine di casini!

Rientriamo in albergo, felici ma tanto stanchi.

Sanremo 2016

Giusto il tempo di prepararci, di mangiare i panini che abbiamo preso precedentemente al MC, e via con Sanremo. La temperatura, intanto, è scesa a meno uno, e con lei è arrivata la nebbia. Urge calorifero: la stanza si riscalda, garantendoci il meritato riposo.

Secondo giorno: Milano – Sanremo.

Arriva la mattina: per noi, la sveglia suona presto.

Ci attende un lungo viaggio in treno, direzione Sanremo: Simona, infatti, si recherà nella Città dei Fiori per essere premiata, dato che il suo libro, “Il Cuore Segreto” (Watson Edizioni – clicca QUI per acquistarlo), ha ricevuto una menzione speciale all’interno di Casa Sanremo Writers, “costola” del Festival dedicata non solo alla musica, ma anche alle altre arti, come la pittura e la scrittura.

Rapido passaggio nella hall per la colazione e via verso la stazione (tiè, ti ho fatto pure la rima!), non prima di qualche fermata di metro. La mattina è gelida: non si vede quasi nulla per via della nebbia, ma a noi va bene così.

Stazione Centrale di Milano

Raggiungiamo la stazione centrale con un discreto anticipo (fare gli itinerari qualche giorno prima del viaggio, evidentemente, torna utile!), attendendo di scoprire quale binario sarà il nostro. Finalmente, sul tabellone ci viene confermato treno e binario.

Saliamo sul treno: è presto, davvero, ed è tutto grigio. Piove, abbiamo sonno e la nebbia peggiora ulteriormente le cose. Pochi minuti e si parte.

Insieme a noi altre due coppie, che, per un disguido di Trenitalia, diventano tre, ritrovandoci in otto in cabina, dal momento che, non si sa bene come, sono stati assegnati gli stessi posti a quattro persone.

“Inghippi” a parte, il treno va. E’ lento, monotono, ed il viaggio sembra veramente eterno: intorno a noi solo pianura padana, nebbia, pioggia e nulla da vedere. Solo caldo dai caloriferi e il tempo che non passa, davvero, più.

Simona Ferruggia

Giunti a Genova, a metà mattinata, il treno inverte il senso di marcia: siamo a metà del viaggio, ma, pochi minuti dopo, il convoglio si ferma per una sosta non programmata, che comporterà un ritardo di quasi trenta minuti. Che palle.

Verso le tredici e trenta arriviamo alla stazione di Sanremo, e ci sembra un sogno: gambe intorpidite e fretta, dal momento che, per colpa del ritardo in questione, è saltata l’intera tabella di marcia.

Ci scapicolliamo all’esterno della stazione, tentando di capire dove andare: Google Maps ci guida verso il Palafiori, sede della premiazione.

Casa Sanremo

Appena giunti, ritiriamo i pass, senza i quali ci sarebbe stato impossibile accedere a determinate aree: mostrando i nostri pass, come dei vip 8-) , accediamo all’area che vedrà l’intervista (prima) e la premiazione (poi) di Simona.

Giungiamo allo stand della BookSprint, dove veniamo accolti: Simona viene microfonata e, successivamente, raggiungiamo lo studio per l’intervista.

Inizia l’intervista: nonostante un po di emozione, Simona riesce magnificamente a parlare del suo libro, e non lo dico certo perché è la mia fidanzata, quanto perché, realmente, ha fatto una splendida figura, anche se non lo ammetterà mai, conoscendola :mrgreen:

Dopo l’intervista, è il momento della premiazione, ma non subito: dobbiamo riempire lo stomaco! Considerando che erano quasi le quindici e non mangiavamo dalle sette, direi che era decisamente necessario!

Radio 105 a Casa Sanremo

Poco distante, di fronte allo stand Jack Daniel’s, il banco per le consumazioni: optiamo per un buonissimo e rinfrescante succo d’ananas, mentre, con i nostri pass in bella mostra, giriamo tra lo stand di Radio 105 e quello di Radio Monte Carlo, mentre a tutta velocità ci raggiunge Francesco Gabbani, vincitore di Sanremo Giovani di quest’anno.

Simona Ferruggia premiata a Casa Sanremo

Torniamo per la premiazione: foto di rito e pesantissimo riconoscimento. Povera Simona, si è spezzata la schiena a furia di portarsi appresso il premio! Vedi, il peso della cultura…

Proseguiamo la nostra visita al Palafiori: ci avviciniamo alla Sala Stampa “Lucio Dalla”, in fermento per il Festival, e, a seguire, assistiamo alla mostra di pittura e fotografia dedicata al Festival, con una toccante sezione dedicata a David Bowie e a Luigi Tenco.

Finalmente, si va verso il pranzo (alle 15:45!): ci fermiamo in un bar, poco distante, per un panino, e poi via, alla volta del Teatro Ariston. Camminando lungo Corso Garibaldi si giunge in un grande spiazzo, dal quale, in mezzo a tante bandiere, s’intravede una delle facciate dell’Ariston: più in la, però, inizia il vero “cuore” di Sanremo, e, purtroppo, ce ne siamo accorti…

La folla al Teatro Ariston

Davanti all’entrata del Teatro Ariston, infatti, siamo stati schiacciati dalla folla: la mancanza di regolamentazione del flusso di persone, infatti, ha portato una bambina ed una vecchietta ad essere schiacciati dalla calca inferocita, che attendeva l’uscita dei cantanti.

Questa è stata una brutta esperienza, davvero: essere schiacciati da migliaia di persone è veramente qualcosa di brutto, e proprio per questo ho presentato le mie rimostranze all’Ufficio del Sindaco di Sanremo, perché abbiamo vissuto un’esperienza davvero terribile e pericolosa.

Immaginate che, a causa della folla, non solo siamo rimasti intrappolati all’interno del bar di fronte l’Ariston, ma la povera Simona si è sentita male, in quanto, se ben ricordate, aveva in dosso anche il premio, che ha reso la cosa ancor più difficile.

Aldilà di questo spiacevole evento, tuttavia, il tempo iniziava a stringere, ma avevamo ancora un obiettivo prima di andare via: la foto con la statua di Mike. Con il cuore in gola, siamo partiti alla frenetica ricerca della statua, mentre la gente continuava a spingerci e strattonarci. Finalmente, scendendo oltre l’Ariston, verso la Via Escoffier, ci ritroviamo, sulla destra, la famosa statua. Tempo per una foto e via di corsa.

Il treno era previsto per le 17:07 ed erano già le 16:50: dovevamo tornare indietro alla stazione, e dovevamo farlo al più presto. Vi giuro, non è stato semplice: tra il peso del premio, le forti ventate sanremesi, la folla, il traffico e la fretta, è stato davvero difficile. Ad ogni modo, siamo giunti alla stazione alle 17:01. Un miracolo.

Il viaggio del ritorno è stato meno stancante e forse anche più veloce, probabilmente perché il treno ha effettuato meno soste: per gran parte del viaggio abbiamo avuto la cabina tutta per noi, e meno male, visto che i dolori si sono fatti sentire…

Nella parte iniziale del viaggio, però, erano seduti insieme a noi due ragazzi: lei era la tipica lombarda, ed anche lui, con tipico accento lumbard, barbetta fighetta e tipiche movenze da cumenda. Parlando, si scopre che, invece, è un giovane siciliano che, tredici anni fa, ha vinto un concorso a Milano, ed ha assorbito in pieno la milanesità più pura, sebbene, quando s’incazza, insulta i colleghi in siciliano stretto, visto che “c’è maggiore soddisfazione!” :mrgreen:

Intorno alle 21 siamo giunti a Milano: giusto il tempo di comprare un panino in metro e siamo tornati in albergo, pronti ad assistere alla Finale di Sanremo e prepararci al viaggio di ritorno.

Il viaggio, tuttavia, non poteva concludersi senza sorprese: durante la notte, Simona ha iniziato ad accusare ripetuti malori, derivanti da un maledettissimo virus intestinale che no le ha dato tregua. Vi risparmio i dettagli più disgustosi.

Terzo giorno: Milano – Palermo

L’indomani mattina avremmo dovuto prendere due autobus per recarci a Linate, ma Simona stava, ancora, malissimo: le sue condizioni erano assolutamente incompatibili con un simile spostamento. A questo punto, ho dovuto prendere in mano le redini della situazione.

Mi sono svegliato presto ed ho fatto colazione: mentre Simona continuava a stare malissimo, ho ultimato le ultime cose e mi sono recato nella hall dell’hotel, per ringraziare i proprietari.

Mi hanno raccontato la loro storia: vivono a Milano ormai da tredici anni. Originari dell’Egitto, sono scappati via:

L’Egitto non è bello come vedi in TV. Siamo scappati via dalle nostre famiglie, dai nostri affetti, dalla nostra lingua, dalla nostra cultura. Ci hanno tolto tutto e dovevamo andarcene al più presto.

Mi racconta la sua storia tradendo un minimo di emozione, subito tramutatasi in una smorfia di rassegnazione.

Torno nella stanza: Simona sta ancora male. Così, chiamo un taxi: in men che non si dica il tassista arriva, sale nella stanza, ci prende le valigie e ci porta a destinazione. In sei minuti circa siamo a Linate.

Il Duomo di Lego a Linate

Simo sta ancora male, ma bisogna andare: all’entrata, ci colpisce la riproduzione del Duomo di Milano fatta con i Lego. Poco distante, la zona d’imbarco: per raggiungerla, passiamo dentro i negozi, quasi obbligati a vedere la merce esposta, quasi spinti ad acquistare.

Siamo quasi giunti alla fine del nostro viaggio: mentre attendo l’imbarco, ripenso a questi tre giorni, e non posso non pensare al viaggio di ritorno. Se ben ricordate, quello dell’andata è stato pessimo: non c’è tempo per pensare, è già ora di partire.

Ci ritroviamo all’interno dell’aereo: anche questa volta, due gentili hostess mi accolgono e mi rassicurano, confermandomi che, davvero, non c’è nulla da temere. Mi confido con loro, raccontando della mia paura. Sembrano avermi preso in simpatia.

Stavolta, mi siedo dal lato del corridoio: l’aereo parte a tutta velocità, ma stavolta è tutto, completamente, diverso. Questa volta si: il viaggio di ritorno è stato un sogno!

Certo, non posso dire di non aver avuto qualche paura, ma è andata molto, molto meglio!

San Valentino tra le nuvole

E così, a conclusione di questa tre giorni, c’è spazio anche per noi due: ci viene, infatti, donata una sorpresa. Nel giorno di San Valentino, infatti, ci vengono offerti dei cioccolatini a forma di cuore, coronando il nostro San Valentino tra le nuvole. Non avrei mai immaginato, nella mia vita, di vivere un San valentino a 33.000 piedi da terra. Un’esperienza incredibile.

L’aereo tocca il suolo palermitano alle ore 15, in anticipo rispetto a quanto preventivato. Bentornati a casa.

Non so se avete avuto il piacere / coraggio di giungere fino a questo punto della lettura, ma, per concludere, è giusto fare delle considerazioni.

Quest’esperienza mi ha davvero dato tanto, così come ogni volto che ho incontrato: ho lasciato la grigia e nebbiosa città lombarda, e mi restano dentro tante cose e tante sensazioni, tante esperienze, tanti volti.

In aereo verso Palermo

Mentre l’aeroporto di Linate diventa sempre più piccolo sotto di noi, e il grigiore di Milano, piano piano, diventa sempre più lontano, sento come un pugno allo stomaco, e mille immagini si rincorrono davanti ai miei occhi. Il grigio di Milano svanisce nell’evanescenza del bianco delle nuvole, che danno spazio ad un cielo incredibilmente azzurro e sereno tutto intorno a noi.

Torno “a sud dell’Africa”, come dico sempre io, in una Palermo che, a confronto con tutto ciò, sembra essere rimasta a prima della guerra. Eppure, a Palermo ho gli affetti, ho tutto, sebbene tante volte ti viene voglia di scappare e tornare a Milano, dove non manca niente, dove tutto funziona, dove tutto è perfetto e calcolato al millimetro.

Mi restano dentro mille volti, mille storie diverse, mille facce, mille emozioni: da quest’esperienza ho capito tanto, ma, sintetizzando, ho capito qualcosa in più.

  • Ho capito di essere più forte: se un viaggio di quasi 1600 kilometri, con aerei, treni, metro, taxi e autobus non mi ha scalfito, vuol dire che davvero c’è una forza in me da riscoprire!
  • Ho rimodulato il significato di freddo: adesso non mi lamento più di sentir freddo quando fuori ci sono anche quindici gradi!
  • A Palermo il 4G funziona meglio che a Milano: strano a dirsi, eppure a Palermo raggiungo 90 Mega, a Milano non sono mai andato oltre i 40!
  • A Milano devi camminare a destra, se ci tieni alla tua salute!
  • A Milano fa freddo se cammini per la strada
  • A Milano fa caldo se entri nei negozi!
  • A Milano devi tenere i biglietti sempre a portata di mano, perché devi usarli per entrare dalla metro, per uscire e per mostrarli a decine di controllori!
  • A Milano devi essere cordiale e sorridente, sempre, anche se non hai voglia: i musoni non sono visti di buon occhio, e se hai un problema non è certo colpa degli altri, quindi lascia a casa i problemi (che sono solo tuoi) e non prendertela con chi non c’entra nulla!
  • Con Milano non si scherza: Milano è la Capitale della Serietà. Le cose funzionano e le regole si rispettano. Chi sbaglia paga e, se sbaglia, non si lamenta e non cerca scuse.
  • Se non vivi a Milano devi comportarti da milanese, rispettando le regole e le buone maniere, se non vuoi essere additato o redarguito!
  • Il milanese è “un’altra razza”, e non lo dico assolutamente in senso negativo, ma lo dico per far capire che è proprio il DNA ad essere diverso! Sono proprio le persone ad avere un’altra forma mentis, evidentemente vincente rispetto a quella panormita!
  • Per i milanesi, Zamparini è un pazzo ed il Palermo lotta per la salvezza.

Mi rimangono dentro tanti frangenti, e un pizzico di malinconia, che, ancora adesso, fatica ad andarsene. Mi manca quella nebbia, e forse anche le emozioni che ho provato, ma credo che tutto questo sia servito a farmi crescere, e, forse, a farmi diventare un po più “meneghino”. 

Chissà, forse da oggi comincerò anch’io a tenere la destra sulla scala mobile!

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