Disabili e "assistenti sessuali": è polemica

Si fa un gran parlare, da diversi giorni, degli “assistenti sessuali” per i disabili: le polemiche divampano. Scopriamo perché.

E’ un tabù che esiste, praticamente, da sempre: il binomio “sesso e disabilità” non è mai andato tanto d’accordo. Eppure, da diversi giorni, l’argomento è tornato alla ribalta attraverso una petizione, ideata da un giovane affetto da distrofia muscolare, che chiede la creazione della figura dell’assistente sessuale per disabili.

Certo, la situazione è davvero complicata: un disabile non ha, forse, diritto a vivere la propria sessualità solo perché disabile? Troppo facile negare solo per non prendersi certe responsabilità: è inutile che stiamo tanto a girare attorno i discorsi. Il più delle volte i disabili sono persone sole e senza partner, e il più delle volte sono costretti a rivolgersi alle prostitute: fa male dirlo, ammetterlo, scriverlo, ma le cose vanno chiamate con il loro nome e cognome!

Ecco che, quindi, il giovane in questione, che risponde al nome di Max Uliveri, propone una bozza di legge che “non prevede rapporti completi, ma un team di specialisti, psicologi e assistenti sessuali, che studino i vari casi e vadano a capire come intervenire di volta in volta”.

Insomma: certi tabù vanno distrutti una volta e per sempre. La disabilità non può essere la scusa per negare, ai disabili stessi, una vita “completa” in tutti i sensi: qualcuno dimentica che, anche se costretti a letto, o su una sedia a rotelle, i disabili sono anzitutto persone, e come tali hanno diritto di vivere!

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