Bozze per un romanzo


Capitolo 1

Ormai lo aveva capito.
Aveva capito che doveva dare un taglio alla sua vecchia vita, che doveva cominciare a riflettere su come la sua vita poteva cambiare, su come qualcuno avrebbe potuto aiutarlo per dimenticare.
Era ormai passato tanto tempo da quel giorno, da quando quel silenzio si è abbattuto su di lui, eppure lui continuava a soffrire per quella persona che era pre sempre sparita dai suoi occhi, dal suo viso, am non dal suo cuore, non dalla sua anima, non dai suoi pensieri. Un tormento costante, che proseguiva lento, come lo scorrere di un fiume nella sera, quando nell’acqua fresca si specchiano la luna e quattro stelle.
Eppure, lui continuava a soffrire, stupidamente ma soffriva, tanto.
Era un ragazzo forse come tanti altri, forse con qualche dote in più, forse con qualcosa in meno. Solo chi lo conosceva bene sapeva riconoscere in lui la sua vera essenza, il suo vero essere, il suo spirito, il suo modo di fare, di agire, di pensare, in quella pesante sofferenza che si portava dentro di sè.
Aveva provato di tutto per cercare di dimenticare chi fosse veramente il suo dolore. Sapeva bene che disprezzare una persona era una cosa totalmente inutile. Poi, detto da lui che non sapeva odiare nemmeno le zanzare che con regolare cadenza lo assillavano nelle caldi notte estive.
Lui era diverso: nella sua vita aveva sofferto tante volte e, sebbene era ancora giovane, aveva dentro se un bagaglio di conoscenze parecchio ampio, tanto da dargli alle volte la convinzione di aver vissuto dei sogni, di non aver visto la realtà con i suoi occhi, ma vaghi mondi persi nell’iperuranio di altri cuori che aveva incrociato lungo la sua vita, lungo il suo cammino, lungo il suo camminare vagabondo, bussando ai cuori in cerca d’amore e speranze per un domani che, forse, lo avrebbe visto troppo solo.
Ma ora era diverso: aveva capito che qualcosa stava cammiando, che qualcosa stava muovendosi dentro di se, che un pensiero, continuo, lo assillava giorno e notte. Non dormiva più, e passava la notte guardando la luna e le stelle, il cielo e le luci lontane, ascoltando i grilli e le cicale.
Era passato ormai un anno e nessuna speranza esisteva più: quel sentimento era morto, non poteva più esistere per colpa di una donna ostentata nel dirgli di no. Ma, ancora troppo amore viveva dentro di se per quella donna, per quella tenera ragazza che tanto lo aveva fatto crescere, che nuove emozioni, che nuova vita e nuove gioie aveva saputo far nascere in lui. Ma non era più tempo per loro.
Forse, a ripensarci, non era neanche del tutto vero: lui avrebbe voluto vivere ancora quelle sensazioni, pensare ancora al suo futuro insieme a lei, ma cosa era rimasto di quel sentimento? Cosa era rimasto di quel grande amore, di quelle carezze e di quei giorni senza tempo in cui bastava uno sguardo per volare verso un altro mondo?
In lui ancora tanto amore, tanta gioia, tanti piccoli pensieri vagavano verso lei, ma quell’amore, il suo amore, al sua donna, la sua piccola grande donna, era ormai sparita per sempre. Era un addio.
Erano giorni difficili per lui, quando non aveva più voglia di mangiare, quando ormai stava quasi per credere che la solitudine avrebbe fatto per sempre compagnia al suo cuore, ai suoi piccoli grandi pensieri.
Era ormai un uomo, ma soffriva come un bambino senza la mamma: voleva urlare il suo dolore, soffriva come se un coltello tagliasse la sua carne, come se lo infilzasse sempre di più. Ma quel cuore, ormai, non lo ascoltava più. Parlava al muro e rivedeva il suo dolore riflettersi verso il nulla. Poca gente ad ascoltarlo, quattro amici a consolarlo, due chiacchiere, una pacca sulla spalla e via, per ricominciare di nuovo quel lento vagabondare.
Aveva imparato a vivere con quella sua strana sensazione di “nodo alla gola”, di pianto trattenuto, di silenzi che sanno fare male. Troppe volte nel buio di una stanza, solo, a piangere per quell’amore che non c’era.
Non gli mancava certo l’affetto di parenti ed amici: gli mancava l’amore.
Quel giorno, parlando con la sua collega, venne a conoscenza di un dottore, di un bravo dottore, capace forse di aiutarlo. Era uno psicanalista abbastanza conosciuto, ma lui proprio non ne aveva mai sentito parlare.
Ne parlavano tutti abbastanza bene: “lui ti farà dimenticare di aver conosciuto questa persona”. Con questa frase, un giorno, la collega lo gelò, parlando delle doti mediche di questo bravo dottore. Un numero su un pezzo di carta a quadretti e un indirizzo.
Decise di tentare: chiamò senza esitare quel numero di telefono, alla quale rispose una gentile ragazza, con un accento decisamente non isolano. Prese un appuntamento per un giovedì pomeriggio afoso, pervaso di solitudine e silenzi, come, d’altronde, sono i pomeriggi estivi in città, quando i negozi sono ancora tutti chiusi, e il sole picchia forte sui marciapiedi lucidi.
Arrivò al suo studio: dodicesimo piano di un palazzone in città, con le pareti erano tinte di un invitante colore giallo chiaro. Dalla finestra si vedeva il paesaggio della città, del “cuore pulsante” dell’economia che conta.
Attese il suo turno con molta pazienza, finchè la signorina chiamà il suo cognome. Entrò nello studio. Nell’aria, l’odore di fragranze orientali lo colpì. Su tutti, l’odore del Patchouli, speziato ma nel contempo delicato.
Riconobbe al volo quella fragranza (d’altronde, era quella che usava una sua vecchia fiamma, un infatuazione…): infatti, chiese al dottore se fosse “Patchouli”, indovinando in pieno.
Il dottore lo fece accomodare su di un lettino di pelle nera, e comincio a chidergli di parlare un pò di se, dei suoi problemi, delle sue ansie, delle sue gioie e dei suoi dolori. Lo fece alzare, lo fece sedere su di una sedia e disse: “sa cos’è? E’ il ricordo che la fa star male. Da oggi segua la mia cura, ma voglio che lei sappia una cosa. Dalle prossime sedute lei dimenticherà tutto di lei. Per lei non sarà mai esistita. I ricordi verranno cancellati, e se per caso la incontrerà, per lei sarà solo una estranea. Questo ho ritenuto giusto dirlo.”
Si avviò verso casa, con quelle parole che continuavano a battergli in testa, come martelli, come una incudine.
Arrivò a casa, aprì il suo portatile, aprì il suo fedele Outlook e cominciò a scriverle una ultima, forse anche triste, mail…
“Caro amore mio,
so bene di non poterti più chiamare così, ma voglio dirteloper un ultima volta, prima che il desiderio di te, prima che il tuo viso, i nostri ricordi, scompaiano via per sempre dalla mia mente, Sono soltanto poche righe prima che tu torni ad essere una estranea, come non sei mai stata per me, ma come sarai presto. Mi dispiace sapere che non esisterai, che non potrai mai più condividere con me il nostro amore, e che se t’incontrerò sarai soltanto una persona come tante altre, ma è una cosa necessaria, perchè non posso più soffrire per il tuo addio, per il tuo avermi lasciato perdere così, insofferente del male che mi hai fatto, sempre in guerra contro di me. Da domani non esisterà più il nostro sogno, il nostro amore, la nostra vita che volevamo insieme. Da domani tutto cambierà, ed è con le lacrime agli occhi che ti dico grazie. Grazie per i giorni di amore e spensieratezza che mi hai fatto trascorrere. Grazie per tutto quel che hai fatto per me. Grazie di avermi fatto diventare un uomo. Addio amore, e scusami se ho sbagliato. Se l’ho fatto, l’ho fatto solo per il troppo bene che ti ho voluto, e che continuo a volertene. Scusami se sarai un estranea per me, scusami se non ti riconoscerò. Scusami se mi chiamerai al telefono e non saprò chi sei. Addio amore del mio cuore. Sei tutto per me, e lo sarai per sempre. Tuo.”
Fece clic su “Invia” . La mail partì …

(Continua)

Bozza per un romanzo : solo una cosa voglio aggiungere . Non pensate che davvero quanto ho raccontato sia la fotocopia di cose accadute realmente . Magari ho preso spunto , ma per tutto il resto è soltanto frutto della mia fantasia .
Questo racconto , come tutti quelli che seguiranno , sono PROTETTI DA LICENZA CREATIVE COMMONS LICENCE .
E’ vietata la copia e la riproduzione , siano esse anche parziali .

Se qualcuno fosse interessato al mio racconto , può contattarmi privatamente dalla sezione “Contatta Il Giomba”

(C) Giomba – C.C.Licence
Riferimenti: Capitolo 2

13 Commenti

  1. Continua a scrivere così, che diventerà un bel romanzo e soprattutto ti serve per buttare fuori la pioggia che hai dentro.. ricordi? uno dei primi commenti che ho scritto (se Gino e Pino non si sbagliano) era a un post in cui parlavi della pioggia che hai dentro e del bisogno di dolcezza che senti..
    Un bacione e un abbraccio forte forte!

  2. Scrivi butta fuori tutto mettilo nero su bianco….è un modo per combattere il dolore,la solitudine…
    L’ho letto d’un fiato davvero bello!!!!!e bravo il nosrtro Danielino!!!!!!

  3. Ciao Daniele….come vedi, anke se non rispondi mai ai miei commenti, io continuo, continuo comunque….per dimostrare ke ci tengo a te, e ke vorrei ke tornasse tutto come prima…xke so ke abbiamo sbagliato entrambi, in egual misura. magari io un po di piu, e lo ammetto. e mi pento ogni giorno di piu.Mi piacerebbe molto ke tornassimo a fare quelle piacevolissime kiekkerate ke facevamo con ami,e con i nostri amici.ma xke non vuoi fare un altro tentativo. xke, ti costa tanto))) io ci spero ancora, cxke so ke ci troviamo molto bene, noi 2. perfavore daniele, perfavore!!!!!! metti da parte l-orgoglio e il passato, e pensa quanto sarebbe bello ke diventassimo tutti amici come prima…..perfavore, pensaci, e rispondi, xke comportarsi cosi, senza rispondere, e da vigliacchi…..e io so ke tu non lo sei.
    baci

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