Il mio cuore era tuo e pieno di te: tu lo hai reso così arido e vuoto...

Il mio cuore era tuo e pieno di te tu lo hai reso così arido e vuoto

Il mio cuore era tuo e pieno di te: tu lo hai reso così arido e vuoto… Una lettera di dolore che vale la pena di leggere, per immedesimarsi e comprendere…

Il mio cuore era tuo e pieno di te: tu lo hai reso così arido e vuoto… Parole di dolore e silenzio.

Dopo mezz’ora tornò a chiamare la ragazza che stava ancora fra le mie ginocchia, e m’accorsi come le sue pupille erano rosse di pianto; non mi parlò, ma mi ammazzò con un’occhiata quasi volesse dirmi: Tu mi hai ridotta così.

(Le ultime lettere di Jacopo Ortis – Ugo Foscolo)

Tu mi hai ridotto così. Tu mi hai ridotto in questo modo.

Ci sono giornate come questa in cui metto un piede per terra e sento già forte il bisogno di piangere: sento forte il bisogno di non sentire quel maledetto dolore che sento dentro, trovando appigli per cercare di andare avanti senza riuscirci in nessuna maniera. E certe volte vorrei avere anche io un cuore senza pietà. Vorrei davvero riuscire ad essere anche io spietato e strafottente, incapace di sentire dolore, e, se lo sento, capace di voltarmi di lato e pensare ad altro, “tanto il tempo passa”, “tanto le cose cambiano”, e meglio ancora concertarmi su cose superficiali, stupide e senza nessun senso… Vorrei anche io avere la capacità di non sentire il dolore e non rendermi conto del male che le mie scelte fanno ad altri: non hai idea quanto lo vorrei veramente.

E invece, la sola cosa che sento abbia un senso è quella di piangere, di sfogarmi, di buttare fuori tutto questo maledetto dolore attraverso le lacrime che, ormai, da mesi fanno da cornice a tante giornate della mia vita: all’abbandono non ci si abitua mai, e nonostante lo abbia provato diverse volte nella mia vita, il dolore che sento è sempre lo stesso, è sempre il medesimo. Qualcuno mi ha detto, qualche tempo fa, che è encomiabile, da parte mia, il riuscire a buttare fuori tutto quello che sento attraverso le parole, senza nascondermi o vergognarmi. Che poi, esattamente di cosa mi devo vergognare? Di provare dolore che altri hanno deciso e decretato per me? Di essere vittima del mio cuore che, ancora una volta, mi ha reso talmente tanto stupido da non rendermi conto che non avrei dovuto metterci tanto di quel sentimento?

Si, io quel sentimento l’ho coltivato fin dal primo giorno. Fino al giorno in cui me lo hanno ucciso, e hanno reso il mio cuore – fino a quel momento colmo di gioia, pieno, felice, realizzato, finalmente sicuro di vivere un tempo lieto – arido e vuoto, come il vuoto è ciò che sento in giornate come questa, in cui mi perdo nel silenzio e nel pianto, e niente riesce più a darmi pace. Cerco la pace ovunque, dentro me ed intorno a me, e non riesco a trovare niente che le rassomigli: immagini e ricordi ammazzano il mio tempo istante dopo istante, e non so più dove trovare altre speranze, dove trovare modi per andare avanti nonostante questo terribile dolore che mi porto appresso e che non passa per nessun motivo. Anche io vorrei avere un cuore asettico. Anche io vorrei riuscire a non provare nessun dolore, tanto da sentirmi, addirittura, importante per aver ucciso di dolore una persona che, a conti fatti, non lo meritava neppure.

Tu mi hai ridotto così. Beata te, che nemmeno te ne rendi conto.

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