Non bastano le parole per descrivere il male che mi hai fatto...

Non bastano le parole per descrivere il male che mi hai fatto

Non bastano le parole per descrivere il male che mi hai fatto… Non bastano e non riescono a farti capire quanto dolore tu mi abbia scagliato addosso…

Non bastano le parole per descrivere il male che mi hai fatto… Non riescono a farti sentire tutto quel dolore…

A volte mi fermo a riflettere, soprattutto la sera, dopo una giornata esplosiva e piena di decine di cose da fare, e rimango quasi inebetito, in mezzo al silenzio e al vuoto, a fare la conta di tutte le cicatrici e le lacrime che mi hai lasciato addosso: cerco di fare il punto della situazione, del tempo passato, ma non ne vengo mai a capo, e mi rendo conto che le parole non possono descrivere il male che mi hai lasciato addosso, il male che mi hai fatto senza nessun rispetto e nessun sentimento, senza nessuna etica, senza nessuna morale, senza nemmeno riflettere al dolore che mi avresti scagliato addosso. In fondo, conti soltanto tu, hai sempre voluto contare solo e solamente tu…

Ed ecco che la mia mente torna indietro, e non posso che augurarti, di vivo cuore, di non passare mai quello che tu hai fatto passare a me, quel male che mi hai scagliato come pietre senza neppure renderti conto che mi avresti distrutto, perché conta soltanto la tua felicità, perché conta soltanto il tuo bene, perché conti solamente tu, e chissenefrega se gli altri soffrono, se gli altri stanno male per il tuo comportamento! In fondo, cosa ne puoi capire tu, cosa te ne può mai importare… E mentre resto fermo, la mia mente ritorna a tutto quel male che mi hai fatto quando soffrivo, quando stavo male, e tu eri in giro, serenamente, a goderti la tua vita fatta di estro ed ostentazione, fatta di charme e mondanità, e più urlavo tutto il male che sentivo e più tu, serenamente, mi ignoravi, come hai sempre fatto per tanto e troppo tempo.

E mentre io ti amavo, tu facevi tutto il possibile per farmi del male, senza nessun rispetto, senza nessuna remora: eppure eri proprio tu a raccontarmi di aver subito l’abbandono, di aver subito quella sofferenza, e mi pregavi in ginocchio di non lasciarti mai, di non lasciarti la mano adesso che ci eravamo trovati. E la mia mente torna indietro alle tue bugie, a quelle stupide promesse fatte senza cuore e senza maturità, al tuo giustificarti, sempre, per ogni malefatta messa in atto, perché tanto trovavi sempre una scusa per assolverti, perché non hai mai provato quel senso di vuoto, quel freddo dell’abbandono, quel ghiaccio gelido che ti ritrovi sulla pelle nuda quando la persona che ami ti tratta come se fossi un verme, come se fossi inesistente ed inutile, mentre tu non aspetti altro che un suo cenno, un suo sorriso, anche soltanto la sua voce.

Ed io, cretino, che volevo darti una vita da vivere insieme. Ma a chi cazzo ho dato il mio cuore, le mie speranze, la mia vita, il mio tempo: a chi ho dato ogni parte di me, a chi ho dato i miei progetti sperando di poterli vivere insieme per sempre? Chi ho avuto accanto? Anzi no, nemmeno quello: in fondo, per te era tutto più importante tranne vedersi, tranne stare insieme, perché di scuse ne avevi a iosa. Ed è così che vivi la tua vita: auto assolvendoti, auto giustificandoti e giustificando ogni azione negativa che compi, perché è sempre colpa degli altri: non sia mai che sia colpa tua, non sia mai che sia tu a compiere degli sbagli! Ma a chi parlo, in fondo… Ad una persona che non ha nemmeno avuto il coraggio di guardarmi dritto negli occhi? Ad una persona che ha preferito una ignobile fuga piuttosto che la maturità di restare e combattere per l’amore? Ma a chi vuoi darla a bere? E soprattutto, chi credi di ingannare? Se qui c’è qualcuno che proprio non dovrebbe mentire a se stessa, beh, quella persona non sono certo io: non hai mai avuto il coraggio di affrontare davvero tutto il male che mi hai fatto, e magari credi pure di aver fatto bene!

Ma non importa, davvero. Io resto fermo, di tanto in tanto, ancora un po’ a pensare e ricordare, sperando di rendermi conto che, verosimilmente, la persona che ho amato non è mai esistita: sarebbe bastato soltanto che tu mi amassi davvero, che tu potessi davvero renderti conto che non ti avrei mai lasciato perdere, ma è tutto tempo ed oro sprecato. Sono tutte parole che volano via, lontano da te che non senti altro che la tua persona, lontano da te che sei così sorda per il tuo egoismo, lontano da te e da noi, in cui tanto credevo, in cui tanto avrei voluto vedermi.
Le semplici parole non riescono a descrivermi il male che mi hai fatto, e mi dispiace che tu abbia, davvero, voluto comportarti così, senza neppure renderti conto della pessima figura che hai fatto. Ah si, ti conosco troppo bene: adesso mi diresti “ma chi se ne frega di quello che pensa la gente, vale soltanto quello che sento io!”.

Ed è stato quel tuo maledetto egoismo ad uccidere il bello di noi: volevo darti il mio cuore nel modo più puro e semplice che potesse esistere, volevo averti accanto come si stringe a se la cosa più preziosa che esista al mondo, e volevo soltanto custodirti dentro il mio cuore per non farti fare male da questo mondo così meschino. Ma ancora adesso, non posso pensare a tutta la tua cattiveria verso di me, e al fatto che non la meritassi: nella mia mente, ti rivedo con i capelli legati per il caldo, e con quei buffi cappelli che portavi quando sentivi freddo, quella tua voglia di non truccarti e quella tua flemma, quella pigrizia, che tanto ci faceva ridere. Sei troppo accecata da te stessa, dal tuo maledetto egoismo, per renderti conto che Dio aveva voluto riservarti il mio cuore, ma lo hai sprecato così, come si distrugge l’amore di chi ti riteneva davvero tutto il suo mondo.

E non ho nemmeno potuto piangere il tuo addio: sei scappata con uno stupido messaggio, e lo hai fatto per ben due volte. Non hai nemmeno avuto il coraggio di guardarmi dritto negli occhi, e in questo ti do delle colpe fino ad un certo punto: il ringraziamento va anche a quei pessimi consiglieri del male che hai sempre avuto al tuo seguito, a quella gente dall’anima sporca e oscura che ha festeggiato il giorno in cui tu mi hai detto addio. Quanta stupida meschinità.

Spero che Dio mi dia la forza di affrontare il tempo che resta sotto il dolore delle cicatrici che mi hai lasciato tu. E spero che Dio ti apra gli occhi, un bel giorno, quando nessuno saprà amarti tanto quanto t’amavo io, e avrai voglia di cercarmi in ogni angolo del mondo. E sentirai, di colpo, tutto quel freddo e quel gelo dell’anima: quello di chi sa di aver rinunciato, di aver sprecato, di aver distrutto. Eri tutto quello per cui valeva davvero la pena: eri tutto ciò a cui avrei dato il mio amore per il resto di questa vita. Eri davvero tutto per me, e non soltanto a parole, come hai fatto tu: eri davvero il sogno di una vita. Ma cosa parlo a fare con te, che non sai neanche cosa significa il sacrificio della conquista, come quello che tu hai preteso da me, mentre facevi la preziosa e, per mesi interi, mi facevi penare tra pesanti tribolazioni e divieti, senza che neppure potessi chiamarti “amore” perché “ti offendevi”.

E mi guardo alle spalle, e rivedo le settimane che passavi senza parlarmi e senza vedermi, tutte quelle volte in cui hai sempre preteso senza mai dare, e tutti quei giorni in cui, mentre io piangevo e soffrivo, tu eri a divertirti in riva al mare, tra teatri, concerti e passeggiate. E chi cazzo se ne frega se c’è un povero Cristo che sente la tua mancanza, che sente il dolore dentro per la tua assenza, chi cazzo se ne frega se c’è un povero disgraziato che ti ama, chi se ne frega, chi se ne importa! Hai, avete – si, avete – fatto del mio cuore e della mia anima coriandoli che avete gettato via. Mi hai fatto male a viso aperto e senza nemmeno sentire il rimorso, e so soltanto io quello che ho provato in quelle sere d’estate che non passavano più, quel maledetto giorno di Ferragosto quando mi sei quasi passata addosso con l’automobile e te ne sei andata via, lasciandomi dolorante e zoppo, alle cinque del mattino, in mezzo alla strada. Lo so io e i miei amici che mi sono stati accanto che inferno ho passato per colpa tua, e quanti pomeriggi a piangere sugli spartiti, in Accademia, e quante notti trascorse, per ore intere, a piangere sotto i balconi con i miei amici, in macchina o in casa, e quante notti fermo al semaforo, tornando a casa, a piangere sotto la luna e le stelle. So soltanto io quante volte ho urlato il dolore della tua mancanza, quanto mi mancasse il tuo profumo ed i tuoi passi in casa, e quanto abbia pregato Dio affinché potessi tornare, affinché potessi essermi vicino, affinché smettesse di farmi sentire la tua mancanza, ma tu non puoi capire, perché hai un selcio al posto del cuore, perché hai carbone al posto dell’anima e dei sentimenti.

Tutto questo male, tutto questo dolore, tu, non lo puoi capire. Perché l’amore vero, tu, non sai neppure cos’è.

Spero che la vita ti metta di fronte al rimpianto della tua scelta, affinché, un bel giorno, tu possa ricordarti di quel giovane che t’amava come se fossi il Dono più prezioso che Dio potesse dargli, e tu possa ripensare alle sue lacrime quando lo hai abbandonato scappando via, senza neppure avere il coraggio di guardarlo. Spero che sia la vita a farti rendere conto che avevi la vita tra le mani, e l’hai buttata via per rincorrere il vento e l’eterea illusione di uscirne vincitrice: ma ad aver vinto è stato solo il tuo egoismo così immaturo.

Chi ha perso, chi ha perso davvero, anche se non te ne rendi conto, sei soltanto tu.

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