Ho ancora maledettamente bisogno di quello che eri, ma ti lascio perdermi

Ho ancora maledettamente bisogno di quello che eri, ma ti lascio perdermi

Ho ancora maledettamente bisogno di quello che eri, ma ti lascio perdermi, perché non ho altro da poter fare di fronte al tuo silenzio.

Ho ancora maledettamente bisogno di quello che eri, ma ti lascio perdermi: non resta altro.

Sono le 6:58. C’è una luna gigante fuori. L’ho vista tornando, facendo quel vialetto al buio che abbiamo fatto tante volte in appena un solo mese.

Rifletto da giorni, da settimane, in mezzo a questo dolore, e ancora di più l’ho fatto questa sera, sfogandomi e piangendo per l’ennesima volta: mi conosci bene, conosci ogni lato di me, conosci ogni parte di me, e sai bene che non ho mai mentito oppure ho mai avuto bisogno di ostentare qualcosa che in realtà non è. E non lo farò neppure stavolta, perché non mi sono mai nascosto di fronte al dolore, di fronte alla gioia, di fronte a niente. Non ho bisogno di fingere di stare bene: sto male, e sto male per il male che TU mi hai fatto. Sto male per il dolore che TU mi hai scaraventato addosso senza nemmeno un briciolo di pietà, senza nemmeno un granello di pensiero verso come sarei potuto stare io.

Sto male per le ferite che mi hai scagliato contro, sapendo che questo dolore lo avevo già passato, ma tanto è inutile parlare con chi non vuole sentire, non sa sentire, e si impegna a non volerlo fare: è lo stesso, medesimo, errore che hai compiuto quando pretendevi che ti leggessi nella mente, quando pretendevi che capissi le tue paure e tutto quello che non mi dicevi senza mai parlare, senza mai verbalizzare quello che, alla fine, ti ha portato a comportarti così, nonostante la sacrosanta promessa che mi avevi giurato, ovvero quello di dirci sempre tutto, qualsiasi paura, qualsiasi dolore, qualsiasi cosa contraria. Nonostante me lo avessi giurato, non hai tenuto fede a questo impegno, non sei stata in grado di mantenere ciò che mi hai giurato. Posso cercare in mille modi di fartelo capire, posso tentare in mille modi diversi di farti comprendere che hai sbagliato, ma, al contrario tuo, ho sempre saputo ammettere i miei errori, se e quando ci sono stati, perché sono un essere umano e sbaglio, perché solo chi non fa non sbaglia. Al contrario tuo, ho sempre saputo chiedere scusa, finanche quelle volte in cui pretendevi da me l’impossibile, come il fatto che ti comprendessi senza che tu proferissi parola. Ti chiedo scusa: purtroppo non sono ancora in grado di leggere nella mente.

E non mi dire che non ti ho mai capito. Non farlo perché sai che menti a te stessa cercando di fuggire ai tuoi stessi errori, questo per primo: sai benissimo quante mancanze – volontarie o involontarie, non lo so – hai avuto, magari, lo ripeto, anche involontariamente, senza rendertene conto. E nonostante tutto, ti ho sempre amato come e più del primo giorno.
Come ancora, purtroppo, sento tanto, troppo per te, e non mentirò ne a me ne a te, sebbene a te non importi più niente, e va bene così: mi fa paura pensare che tu sia stata così superficiale a cancellare tutto con estrema facilità ed essere già felice, serena, non so neppure dove e con chi, quindi preferisco pensare che tu stia soltanto ostentando forme di sicurezza e superamento di qualsiasi momento buio soltanto per farti vedere forte ed invincibile, anche perché – credimi – sarebbe davvero una bruttissima cosa se realmente tu fossi già così insensibile da cancellare quella che hai sempre detto essere “la storia più importante della tua vita”, perché ti ha dato emozioni che mai nessuno ha saputo donarti. Sarebbe soltanto l’ennesima – credimi – pugnalata che non ti renderebbe affatto onore.

Sono cambiate tante cose in questi mesi: la gatta è rimasta nuovamente incinta e ha partorito sei cuccioli tutti uguali a lei, che sono, ormai, già grandicelli, ed ho iniziato il percorso verso quel completamento musicale professionale che inseguivo da tanto, troppo tempo. Ho comprato un piano, e la cosa che mi fa più male è che l’ho comprato vicino casa tua, da una signora che ha il tuo stesso cognome. La vita, a volte, è veramente stronza quando si mette d’impegno, soprattutto perché l’ho comprato il giorno in cui mi hai liquidato con un messaggio, per poi sparire in venti secondi. Non so neppure cosa hai raccontato alla gente a cui volevo bene, ad una persona in particolare, una “piccola grande” persona che ha sentito una sola campana, e non me ne sorprendo. In fondo, quando si ha paura anche dei propri errori, quando si sa di aver fatto qualcosa di errato, è più comodo scappare via, non affrontare una persona guardandola negli occhi, raccontare solamente la propria verità, e se penso che eri proprio tu a prendere le distante da chi, in passato, si è comportato come te, mi chiedo chi sei veramente. Posso dire che nel poco tempo che mi hai dedicato, forse perché non mi hai mai ritenuto così importante come dicevi, ho sempre cercato di dimostrarti con fatti concreti l’amore che provavo per te, ma tu eri sempre li, sempre pronta a dirmi che sbagliavo, a dirmi che ciò che facevo non andava bene, che dovevo fare le cose soltanto nel modo che dicevi tu, altrimenti non andavano bene. Dovevo fare sacrifici e dovevo farli solamente io, accontentarmi di quei frangenti di esistenza che mi dedicavi, venendo dopo tante, tantissime cose e persone nella tua lista. Eppure, eri proprio tu a dirmi che per te “ero tutto”. Parole tue.

E in tutto questo, hai voluto perdermi, volontariamente. Non una, no. Ma ben due volte: la prima volta sei anche arrivata a farmi credere che ero io la persona errata, che ero io quello che meritava l’abbandono per errori che non esistevano, e che intorno a me continuavano a dirmi non esserci. Ho cercato, allora, di plasmarmi ancora meglio a ciò che desideravi, con sacrifici e sforzi fisici, anche di fronte a guai di salute anche non indifferenti. Ma neanche quello è servito a niente, neppure quello è bastato. Si, tu hai voluto perdermi. E hai voluto farlo perché non comprendi il valore di un amore come il mio: io non ho bisogno di fingere forza, di fingere allegria, spensieratezza e sorrisi forzati, di riempire il mio tempo di mediocrità pur di ostentare, di ostentare sorrisi ad ogni costo. Io non ho niente da nascondere: nemmeno – e soprattutto – la sofferenza che hai voluto tu.

Sarebbe bello essere come te: sarebbe meraviglioso riuscire a non farsi mancare il buongiorno, la buonanotte, il messaggio per dirti che ero tornato a casa, le tue labbra morbide, i tuoi capelli che ritrovavo e ritrovo ovunque, le tue dita così perfette. Sarebbe meraviglioso riuscire a non sentire nulla, come riesci a fare tu. Anzi, come dimostri di riuscire a fare. Ma io ti conosco, ti conosco fin troppo bene, e sono certo che stai soltanto ostentando questa falsa e stupida allegria, non rendendoti conto che è molto peggio fare così. Ma non ha neppure senso che te ne parli: non mi senti, non mi vuoi sentire, e non vuoi farlo perché solo chi non tiene a qualcuno decide di scappare via. Non c’è tanto altro da dire. Se scappi via da una persona che dici rappresentare “la storia più importante della tua vita”, o stavi mentendo prima, o sei masochista, non ci sono tante chiavi di lettura: ma la sera, quando poggi la testa sul cuscino, come ti senti sapendo di aver abbandonato una persona che hai lasciato in una pozza di lacrime?

Hai voluto perdermi volontariamente, e non sai quanto io avrei ancora bisogno di te e quanto la vita aveva, ancora, da darci, e quanti progetti insieme ancora da vivere, e quante emozioni, ancora, da provare. Ma ti lascio perdermi: non riesco ancora del tutto – anzi, completamente – a fare la stessa cosa con te, nonostante i mesi passati, e questo accade perché il mio cuore è troppo grande e troppo presente nel mio tempo. Arriverà un mattino, un giorno, in cui anche tu diventerai un ricordo gettato in fondo ad uno scatolone.

Ma fatti, sinceramente, dire una cosa: non hai veramente capito un cazzo di niente. Scappa quanto vuoi e lasciami piangere di dolore sentendo tutto questo male che mi hai lasciato: mi resta addosso il tuo odore e la consapevolezza che preferisci perdere chi voleva solo darti amore puro, che a te neppure importa esistere. E ti rivedo andare via in quella sera, dieci, cento, mille volte, e sembrava quasi che sentissi che quella era l’ultima volta in cui ti avrei abbracciato. Quella sera era magica, speciale, aveva qualcosa di particolare, e dovevo rendermi conto che, forse, era solo il segno che t’avrei persa per sempre.

Forse un giorno ti renderai conto che avevi qualcuno che avrebbe usato il suo corpo per farti scudo dalla cattiveria e dai colpi di questa vita: illuditi quanto ti pare, ostenta pure la tua sicurezza e i tuoi sorrisi, fallo quanto ti pare. Ma un giorno capirai che Dio ci aveva uniti. E tu ci hai distrutti. Senza nessuna pietà.

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