Anziché soffrire, certe volte, basterebbe fare un passo indietro e dire "ho sbagliato"...

Anziché soffrire, certe volte, basterebbe fare un passo indietro e dire ho sbagliato...

Anziché soffrire, certe volte, basterebbe fare un passo indietro e dire “ho sbagliato”… Quanti rapporti e quanti amori si salverebbero!

Anziché soffrire, certe volte, basterebbe fare un passo indietro e dire “ho sbagliato”… Non è nemmeno così difficile, in fondo…

Ho un grande dono: so perdonare. Dieci, cento, mille volte, anche chi mi ha fatto soffrire, anche chi mi ha fatto il male più profondo ed assoluto, e so benissimo che non dovrebbe accadere, e so benissimo che non dovrebbe esistere… Lo so che la gente se ne approfitta, lo so che la gente pensa di trovare sempre una porta aperta in me, e a conti fatti questo è vero, non posso dire no: mi è capitato rarissime volte, nella vita, di non perdonare una persona, e credo sia successo forse due o tre volte, non di più.

Io credo che il perdono sia la forma più elevata di “bellezza” umana possibile, e non metterlo in atto equivale a fare del male, anzitutto, a noi stessi. Si, noi stessi che ancora stiamo male a ripensare a tutto quello che c’è stato, e per paura non ci rendiamo conto che tornare sui nostri passi ci farebbe soltanto bene, noi stessi che, forse per poco coraggio o per stupido e cretino orgoglio, non abbiamo il coraggio di dire: “senti, ho sbagliato, mi dispiace, sono pentito, sono pentita”.

Poco fa riguardavo le vecchie foto che i ricordi di Facebook mi propongono ogni sera, e mi sono accorto che soltanto un anno fa, come oggi, eravamo sulla spiaggia, quella sera ,dopo esserci perduti nel labirinto di quel Paese, alla disperata ricerca di quel posto dove si vedeva il mare. Ti ricordi? Con un legnetto scrivesti 5/2/2022, e poi, sopra, scrivesti “Ti amo”… E chissà se quel ricordo ti fa male tanto quanto fa male a me. E chissà se tutto questo ti manca. A me, purtroppo, si, e non ho paura ne vergogna ad ammettere che, soprattutto la notte, quando si spengono voci, uffici e richieste, la mia mente torna spesso a quello che eravamo, e questa sera, con questo cielo viola ed il vento che spazza via tutto quanto, le mie lacrime sembrano avere un peso davvero maggiore, e sembrano quasi fare male di più.

No, non ho nessuna vergogna a dire che mi manca quello che eravamo, e che resto lo stupido illuso di sempre nel pensare che tu, una mattina, una sera, una notte, un pomeriggio, possa renderti conto di quante cose hai buttato via, forse volontariamente, forse no, forse soltanto per paura e per bisogno di andartene, o forse per seguire quel tuo maledetto istinto che non ti fa mai riflettere cinquanta volte prima di fare qualcosa. Io mi sentivo davvero bene mentre passeggiavo su quella spiaggia insieme a te: lo abbiamo fatto tante volte, nella notte, di passeggiare lungo spiagge deserte, ed è sempre stata una tra le più grandi emozioni che io ricordi: soltanto adesso capisco perché, quella sera, piangevo in silenzio mentre camminavo con te sul bagnasciuga, e tu non capivi, e mi dicevi “non piangere”; ma io, adesso, piango e ti piango.

Piango te, piango noi, come piango in questo istante mentre penso, ti penso e ripenso a tutto quel bene distrutto, a tutto quell’amore ucciso a cui hai tolto la spina quando aveva ancora tutto da vivere: era un bimbo che, da li a poco, avrebbe compiuto un anno, e ora non vive più, e adesso non c’è più, e mi fa male mille e mille volte di più, perché in me non si è spento nulla, e mi manchi come mi manca quel niente che stringo tra le mani, o, forse, come la sabbia di quella spiaggia che non stringo più, che mi manca come mi mancano le tue mani, come mi manca il tempo insieme, come mi manca tutto quello che eravamo e rappresentavi, rappresenti, rappresenterai per me.

Sono andato avanti, sono cambiate moltissime cose, ho conosciuto gente e quella persona che ero non c’è più, perché, in parte, se ne è andata via con te, forse per far posto ad una persona nuova, diversa, più forte che ne ha passate tante, ma, adesso, ha nuove consapevolezze e conoscenze, nuove esperienze e una forza nuova, rinnovata.

Chissà: a volte penso che tutto potrebbe essere diverso perché sono diverso io, ed è una scelta figlia del tuo abbandono e del male che mi hai fatto: sono andato avanti, ho dovuto rinnovarmi e reinventarmi mille e mille volte in tutti quei pomeriggi in cui ti urlavo di non lasciarmi e tu non mi sentivi, e tu eri sorda al mio dolore che tanto mi distruggeva, pezzo dopo pezzo. Una cosa, però, non l’ho cambiata mai: il mio cuore. Era grande ed è ancora più grande adesso, e mentirei a me stesso se dicessi che non sento niente per te, che per me non esisti, che per me sei nulla: sono riusciti a distruggerci, ne hanno festeggiato e goduto, nonostante tu ne fossi consapevole e mi dicevi di non preoccuparmi, e mi ripetevi che “nessuno ci avrebbe mai più diviso”. Ma è durato soltanto, boh, due, tre settimane… E poi? Poi hai permesso loro di distruggerci per sempre. Quando sarebbe bastato soltanto parlarsi, per come tu stessa mi avevi promesso, per come tu stessa mi avevi giurato, per come tu stessa avevi promesso a noi, “per non perderci mai più”.

E non sai cosa non darei, certe volte, per vivere ancora del tempo con te… E mi chiedo solamente se ne soffri, e mi chiedo soltanto se senti quel mio stesso dolore che mi distrugge in lacrime e mi lascia in questo silenzio che mi ammazza, in cui sopravvivo e vado avanti portando dentro tutto quello che sei stata e, talvolta, sei per me. Non doveva finire così, e mi fa male che tu non ti renda conto che non doveva finire così. Così cretinamente, stupidamente, senza senso e senza che sia accaduto nulla. Ed è questo che mi fa impazzire e non mi da pace: non è accaduto niente, ma tu hai tagliato i fili e staccato l’anima dal nostro sentimento. E tutte le lacrime che ho potuto piangere e che piango, non riescono a cancellare tutto il dolore che ho dentro, così bella e perfetta come tu eri per me.

E vorrei soltanto riavvolgere il nastro miliardi di volte. E ritrovarti mille volte su quel muretto alberato pieno di zanzare, quel giorno di luglio. E mille volte perdermi, ancora, con te in giro per la città e ridere, di notte, a camminare sotto la luna e le stelle con i nostri passi coordinati, e vederti sorridere mentre la strada si apre intorno a noi, e correrti dietro mentre ti vedo andare via, aspettando che tu mi scriva, o che io ti scriva, che siamo tornati a casa.

Io non intendo proprio mentire e fingere che sia tutto meraviglioso, che sia tutto splendido, che sia tutto fantastico: si, non posso nemmeno dire che sia tutto una merda, perché sarei ingiusto, ma… Manca molto e fa male quel senso di te. E fa male perché non accetterò mai una fine così stupida ed immotivata.

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