Archivio di Agosto 2006 - Bar Giomba
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Agosto 2006

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Capitolo 2

Quella mattina si svegliò con un tremendo mal di testa. La notte non aveva portato consiglio, semmai lo aveva confuso ancora di più, in quella “lotta interiore” tra i ricordi e la “perdita volontaria” di uan persona a cui voler bene, anche se è un bene non ricambiato.
Non aveva di certo voglia di mettere gli occhi davanti ad un foglio bianco con un cursore lampegginate, ma doveva a tutti i costi consegnare le programmazioni annuali. Il direttore brontolava già da giorni e lui, di certo, non poteva tirarsi indietro.
Quando la gente sentiva che un ragazzo così giovane insegnava già, spesso rimaneva senza parole. Eppure era una passione che coltivava fin da quando era piccolo, quando riuniva i peluche e insegnava loro a scrivere…
Così arrivò al lavoro, si avviò verso la sala professorì per firmare il registro delle presenze e, approfittando delle tre ore di buca che si ritrovava, si avviò lentamente verso l’Aula Informatica, certo che lì nessuno avrebbe potuto disturbarlo. Percorse il lungo corridoio bianco. Aprì la porta e subito la richiuse dietro sè. Aprì la finestra, giusto uno spiraglio per far filtrare i raggi di un timido sole mattituino, aprì il portatile e cominciò a battere nervosamente sui tasti. Accanto a lui i registri blu gli davano compagnia, con tutti quei numeri e quei voti.
Mentre scriveva, la sua mente viaggiava lontano, verso un pensiero, verso i pensieri, e gli sembrava quasi di vedere la sua ombra sullo schermo, di sentire ancora le sue mani calde, il suo dolce profumo. Le sue mani ormai scrivevano da sole. I pensieri pian piano stavano prendendo il sopravvento, e la rabbia rimontava dentro di se, sapendo che qualche giorno dopo, ormai, nulla sarebbe più esistito. Lui non voleva, si sforzava di guarire, ma era una cosa necessaria. Basta. Non ce la faceva più.
Ridusse ad icona il file aperto e aprì Outlook. Fece clic su “Invia/Ricevi”. Sentiva che questa volta avrebbe risposto alla sua e mail. In basso a destra la bustina argentata confermava la ricezione di un nuovo messaggio. Il cuore batteva forte, ma era una nuova illusione, da accodare a tutte quelle che aveva vissuto fino a quel momento. Era un messaggio da parte di una newsletter che nemmeno ricordava più di aver attivato. Lo cestinò e tornò al suo lavoro.
Era ancora l’insensibilità a fare da padrone al suo dolore, alla sua sofferenza. Era certo, però, che lei aveva letto quella e mail, e che non aveva risposto pur sapendo quanto lui stava male.
Non aveva tutti i torti: lei, insensibile e testarda, quella sera, aveva letto il suo messaggio, pensato e ripensato a quello che fù un tempo e a quello che poteva essere. Eppure, non sapeva pensare ad altro che ad odiarlo. Si sforzava d reprimere quella dolcezza che alle volte faceva la sua comparsa in lei, perchè mai più doveva esistere dolcezza con lui, con lui che l’aveva fatta soffrire, con lui che voleva ancora amare ma ormai non poteva più. La sua sofferenza doveva essere pari alla sua. Ecco il ragionamento che faceva: come lei aveva sofferto anche lui doveva.
Non ce la faceva più, stava soffrendo un altra volta. Salvò le ultime modifiche ed aprì la cartella con le loro vecchie foto. Le guardava e ripensava a loro, al loro amore, al sentimento che univa i loro sguardi e i loro pensieri.
Era immerso nei pensieri più profondi, e si perdeva nelle congetture arzigogolate della sua mente. Solo il suono della campanella lo riportò alla realtà. Per fortuna che aveva finito di scrivere tutto.
Non aveva voglia di uscire fuori: il tempo di stampare tutto e i programmi erano pronti per essere consegnati.
Finiti di stampare quei documenti, richiuse l’aula e si avviò verso l’ufficio del direttore. Stava per arrivare, quando un flash, un frangente lo bloccò. Era il suo profumo.
Non poteva sbagliarsi, lo conosceva fin troppo bene: quello stesso profumo aveva fatto da cornice ai suoi momenti più belli, alle sue emozioni, alla sua gioia e alle sue lacrime quando quel dì lei se ne andò.
Si voltò di scatto. In lontananza, la silhouette di una ragazza scoloriva piano.
Era fermo sul ciglio del corridoio, quando lo squillo del cellulare lo riportò alla realtà di ogni giorno. Prese in mano il telefono e lesse il promemoria che lui stesso aveva scritto qualche giorno prima (e di cui si era regolarmente dimenticato) : “ORE 16: APPUNTAMENTO DOTTORE”.
Già, doveva andare dal dottore. Aveva appuntamento con chi avrebbe cancellato il suo passato.
Cancellare il passato.
Nella sua mente rimbombava da tanti giorni questa frase, ancora da prima che il dottore facesse la sua proposta. Pensava e ripensava a che senso avrebbe cancellare il passato e mascherarsi ai suoi occhi solo per sfuggire da chi ti ama.
Ci pensava da quando scoprì che la sua ex, ora, si faceva chiamare con un altro nome, solo perchè aveva paura di essere scoperta dal suo ex, da lui, e non capiva che senso avesse fuggire dal passato per non farsi trovare dagli occhi di chi ama, di chi soffre, di chi vorrebbe soltanto un bacio ed un abbraccio. Soltanto un bacio ed un abbraccio.
Il pomeriggio arrivò presto: il tempo di un pasto veloce e via, nel traffico della metropoli, per andare incontro alla fine del proprio passato.
Il dottore lo aspettava già.
Lo vide ed esclamò “benvenuto, la aspettavo. Si accomodi pure qui, sul lettino”
Nell’aria, l’odore di fragranze esotiche favorivano la concentrazione sui suoi pensieri, sulla sua parte interiore, sul su dolore, sulla sua solitudine che sembrava immensa dentro quelle mura, dentro quel corpo, dentro quel suo piccolo grande dolore, quella sofferenza nel non avere più una persona da amare.
Il dottore aveva capito che il ricordo era il suo dolore più grande. L’unica soluzione era fargli dimenticare di aver vissuto quell’amore. Lo guardo dritto negli occhi. Abbassò poco la finestra da cui entrava un sole caldo, filtrato dalle nuvole. I raggi bucavano le nuvole e spandevano intorno una luce bianca, divenuta più scura con quella persiana che oscurava la stanza e creava atmosfera.
“Amico caro”, disse, “lei capisce che così non può andare avanti? Capisce che la sua sofferenza la fa stare male, le fa perdere concentrazione? Perchè non capisce? Provi per un attimo a dire BASTA! Lo faccia per lei stesso. Dimentichi.”
Quelle parole aprirono in lui un vuoto silenzioso, che lo fece sciogliere in lacrime, in disperazione, perchè capiva di non riuscirci. Quell’amore era troppo grande per lui, significata troppo, era troppo, troppo importante. Sapeva che non aveva senso continuare a crederci, ma capiva anche che l’unica cosa che voleva era un abbraccio. Che tutti gli abbracci del mondo non avevano la stessa “valenza” del suo abbraccio, delle sue mani, del suo profumo, della sua voce. Di tutto quello che era lei.
Si struggeva nella sua indifferenza. Lei non soffriva del suo dolore, lei era totalmente indifferente. Cosa le importava se lui viveva, se lui moriva, se lui era lì o soffriva?
“Testarda” – Non sapeva descriverla in altro modo.
Quando il dottore gli chiese di descrivere la sua ex, il suo pensiero fisso, il suo tormento, non sapeva descriverla in altro modo. Diceva soltanto che “per lei il passato non esiste più e non esiste remissione di farlo tornare, di ripensarci”
Il dottore, intanto, prendeva nota sul suo taccuino, che ormai cominciava a non bastare più, tanto da doverne adottare uno soltanto per lui.
Stava male, era visiblmente triste.
Quell’amore che non aveva lo stava distruggendo, come una candela che si spegneva giorno dopo giorno dopo giorno…

(Continua)


Dopo la pausa estiva , ieri sera ho ricominciato la mia stagione di danza , e devo dire che è cominciata davvero in maniera esorbitante e abbastanza “caliente” e decisamente piccante … Leggere per credere !

Sono (siamo) arrivati al locale abbastanza presto : ovviamente , essendo riaperto da poco , il locale era semi deserto (almeno all’inizio , visto che dopo è arrivata una vera e propria “carrettata” di gente :-) .
Dopo aver mangiato e finito , abbiamo aspettato l’inizio della serata danzante . Intanto , di fronte a me c’era un gruppo di ragazze che festeggiava l’addio al celibato di una di loro .
Dopo aver fatto un brindisi , scartano i regali , e … credetemi … sono rimasto senza parole °_O
Beh , un reggiseno , per una donna non è certo un regalo “scabroso” , ma quell’altro regalo che le hanno fatto , beh …. ecco ….
Diciamo che la “forma” mi ricordava “qualcosa” , ma non ero riuscito bene a capire cosa fosse … Quando poi ho capito che vibrava , allora ho capito che regalo le hanno fatto le simpatiche amiche :-)
Immaginate la scena , quindi : ste ragazze che festeggiano , che urlano , fanno il brindisi nel tavolo accanto al nostro e io (noi maschietti più che altro) come dei pesci lessi a guardare , senza parole ! Forse lo hanno capito , difatti , e han subito deciso di cambiare discorso …
Vabbè , superato lo “shock” di aver visto quel coso … ehm … di aver visto il simpatico regalo , è cominciata la serata … Il bello arriva adesso !!!
Mi sono subito buttato in pista e , non si sa bene come , c’erano solo poche persone , almeno all’inizio , ripeto .
Non appena han messo i balli , ripeto , non si sa bene come , mi sono ritrovato da solo in mezzo alla pista con tutta la gente intorno a me che cercava di capire come si ballasse , quindi era un pò come se fossi il “capogruppo” … Tutti a seguire me e APPLAUSI PER GIOMBA GIOMBA GIOMBA APPLUASI PER GIOMBA :-D
L’aria abbastanza “caliente” di ieri sera , unito forse al fatto che avrò decisamente “fatto colpo” ha fatto in modo che , nel corso della serata , due ragazze si siano avvicinate a me .
Arrivato ad un certo punto , al Pasodoble , due ragazze si avvicinano a me , mi stringono la mano , mi guardano negli occhi e mi chiedono se potevo insegnare anche a loro come si ballasse :-D
Ballando ballano il “fuego” si accende in qualche modo e , al momento della bachata , ballo sensuale per antonomasia , una delle due ragazze mi si mette davanti e si struscia su di me come se fossi il palo della lap – dance °_O
Vi lascio immaginare il mio imbarazzo , ma nel contempo anche il batticuore che avevo :-D
Durante la serata abbiamo ballato insieme e dopo ci siamo salutati :-)
Niente di chè , ma decisamente una serata diversa … Abbastanza “caliente” direi :-D


Capitolo 1

Ormai lo aveva capito.
Aveva capito che doveva dare un taglio alla sua vecchia vita, che doveva cominciare a riflettere su come la sua vita poteva cambiare, su come qualcuno avrebbe potuto aiutarlo per dimenticare.
Era ormai passato tanto tempo da quel giorno, da quando quel silenzio si è abbattuto su di lui, eppure lui continuava a soffrire per quella persona che era pre sempre sparita dai suoi occhi, dal suo viso, am non dal suo cuore, non dalla sua anima, non dai suoi pensieri. Un tormento costante, che proseguiva lento, come lo scorrere di un fiume nella sera, quando nell’acqua fresca si specchiano la luna e quattro stelle.
Eppure, lui continuava a soffrire, stupidamente ma soffriva, tanto.
Era un ragazzo forse come tanti altri, forse con qualche dote in più, forse con qualcosa in meno. Solo chi lo conosceva bene sapeva riconoscere in lui la sua vera essenza, il suo vero essere, il suo spirito, il suo modo di fare, di agire, di pensare, in quella pesante sofferenza che si portava dentro di sè.
Aveva provato di tutto per cercare di dimenticare chi fosse veramente il suo dolore. Sapeva bene che disprezzare una persona era una cosa totalmente inutile. Poi, detto da lui che non sapeva odiare nemmeno le zanzare che con regolare cadenza lo assillavano nelle caldi notte estive.
Lui era diverso: nella sua vita aveva sofferto tante volte e, sebbene era ancora giovane, aveva dentro se un bagaglio di conoscenze parecchio ampio, tanto da dargli alle volte la convinzione di aver vissuto dei sogni, di non aver visto la realtà con i suoi occhi, ma vaghi mondi persi nell’iperuranio di altri cuori che aveva incrociato lungo la sua vita, lungo il suo cammino, lungo il suo camminare vagabondo, bussando ai cuori in cerca d’amore e speranze per un domani che, forse, lo avrebbe visto troppo solo.
Ma ora era diverso: aveva capito che qualcosa stava cammiando, che qualcosa stava muovendosi dentro di se, che un pensiero, continuo, lo assillava giorno e notte. Non dormiva più, e passava la notte guardando la luna e le stelle, il cielo e le luci lontane, ascoltando i grilli e le cicale.
Era passato ormai un anno e nessuna speranza esisteva più: quel sentimento era morto, non poteva più esistere per colpa di una donna ostentata nel dirgli di no. Ma, ancora troppo amore viveva dentro di se per quella donna, per quella tenera ragazza che tanto lo aveva fatto crescere, che nuove emozioni, che nuova vita e nuove gioie aveva saputo far nascere in lui. Ma non era più tempo per loro.
Forse, a ripensarci, non era neanche del tutto vero: lui avrebbe voluto vivere ancora quelle sensazioni, pensare ancora al suo futuro insieme a lei, ma cosa era rimasto di quel sentimento? Cosa era rimasto di quel grande amore, di quelle carezze e di quei giorni senza tempo in cui bastava uno sguardo per volare verso un altro mondo?
In lui ancora tanto amore, tanta gioia, tanti piccoli pensieri vagavano verso lei, ma quell’amore, il suo amore, al sua donna, la sua piccola grande donna, era ormai sparita per sempre. Era un addio.
Erano giorni difficili per lui, quando non aveva più voglia di mangiare, quando ormai stava quasi per credere che la solitudine avrebbe fatto per sempre compagnia al suo cuore, ai suoi piccoli grandi pensieri.
Era ormai un uomo, ma soffriva come un bambino senza la mamma: voleva urlare il suo dolore, soffriva come se un coltello tagliasse la sua carne, come se lo infilzasse sempre di più. Ma quel cuore, ormai, non lo ascoltava più. Parlava al muro e rivedeva il suo dolore riflettersi verso il nulla. Poca gente ad ascoltarlo, quattro amici a consolarlo, due chiacchiere, una pacca sulla spalla e via, per ricominciare di nuovo quel lento vagabondare.
Aveva imparato a vivere con quella sua strana sensazione di “nodo alla gola”, di pianto trattenuto, di silenzi che sanno fare male. Troppe volte nel buio di una stanza, solo, a piangere per quell’amore che non c’era.
Non gli mancava certo l’affetto di parenti ed amici: gli mancava l’amore.
Quel giorno, parlando con la sua collega, venne a conoscenza di un dottore, di un bravo dottore, capace forse di aiutarlo. Era uno psicanalista abbastanza conosciuto, ma lui proprio non ne aveva mai sentito parlare.
Ne parlavano tutti abbastanza bene: “lui ti farà dimenticare di aver conosciuto questa persona”. Con questa frase, un giorno, la collega lo gelò, parlando delle doti mediche di questo bravo dottore. Un numero su un pezzo di carta a quadretti e un indirizzo.
Decise di tentare: chiamò senza esitare quel numero di telefono, alla quale rispose una gentile ragazza, con un accento decisamente non isolano. Prese un appuntamento per un giovedì pomeriggio afoso, pervaso di solitudine e silenzi, come, d’altronde, sono i pomeriggi estivi in città, quando i negozi sono ancora tutti chiusi, e il sole picchia forte sui marciapiedi lucidi.
Arrivò al suo studio: dodicesimo piano di un palazzone in città, con le pareti erano tinte di un invitante colore giallo chiaro. Dalla finestra si vedeva il paesaggio della città, del “cuore pulsante” dell’economia che conta.
Attese il suo turno con molta pazienza, finchè la signorina chiamà il suo cognome. Entrò nello studio. Nell’aria, l’odore di fragranze orientali lo colpì. Su tutti, l’odore del Patchouli, speziato ma nel contempo delicato.
Riconobbe al volo quella fragranza (d’altronde, era quella che usava una sua vecchia fiamma, un infatuazione…): infatti, chiese al dottore se fosse “Patchouli”, indovinando in pieno.
Il dottore lo fece accomodare su di un lettino di pelle nera, e comincio a chidergli di parlare un pò di se, dei suoi problemi, delle sue ansie, delle sue gioie e dei suoi dolori. Lo fece alzare, lo fece sedere su di una sedia e disse: “sa cos’è? E’ il ricordo che la fa star male. Da oggi segua la mia cura, ma voglio che lei sappia una cosa. Dalle prossime sedute lei dimenticherà tutto di lei. Per lei non sarà mai esistita. I ricordi verranno cancellati, e se per caso la incontrerà, per lei sarà solo una estranea. Questo ho ritenuto giusto dirlo.”
Si avviò verso casa, con quelle parole che continuavano a battergli in testa, come martelli, come una incudine.
Arrivò a casa, aprì il suo portatile, aprì il suo fedele Outlook e cominciò a scriverle una ultima, forse anche triste, mail…
“Caro amore mio,
so bene di non poterti più chiamare così, ma voglio dirteloper un ultima volta, prima che il desiderio di te, prima che il tuo viso, i nostri ricordi, scompaiano via per sempre dalla mia mente, Sono soltanto poche righe prima che tu torni ad essere una estranea, come non sei mai stata per me, ma come sarai presto. Mi dispiace sapere che non esisterai, che non potrai mai più condividere con me il nostro amore, e che se t’incontrerò sarai soltanto una persona come tante altre, ma è una cosa necessaria, perchè non posso più soffrire per il tuo addio, per il tuo avermi lasciato perdere così, insofferente del male che mi hai fatto, sempre in guerra contro di me. Da domani non esisterà più il nostro sogno, il nostro amore, la nostra vita che volevamo insieme. Da domani tutto cambierà, ed è con le lacrime agli occhi che ti dico grazie. Grazie per i giorni di amore e spensieratezza che mi hai fatto trascorrere. Grazie per tutto quel che hai fatto per me. Grazie di avermi fatto diventare un uomo. Addio amore, e scusami se ho sbagliato. Se l’ho fatto, l’ho fatto solo per il troppo bene che ti ho voluto, e che continuo a volertene. Scusami se sarai un estranea per me, scusami se non ti riconoscerò. Scusami se mi chiamerai al telefono e non saprò chi sei. Addio amore del mio cuore. Sei tutto per me, e lo sarai per sempre. Tuo.”
Fece clic su “Invia” . La mail partì …

(Continua)


Sento la mancanza di te in ogni piccola sfaccettatura della mia vita , delle mie giornate , del mio tempo che passa senza più avere notizie di te , senza più avere un tuo segno , una tua carezza , un piccolo segno del fatto che tu sia vicina a me , che tu mi stia pensando , che tu sappia che ti amo ancora , e ancora di più …
Quante belle ore trascorse insieme , quanti pensieri che tornano sempre nella mia mente , come i ricordi che non ti lasciano più , che ti prendono per mano , e non ti danno tempo di dire la tua . Stringono forte la morsa del dolore , di quell’amore che ancora vorrei con me .
Starci male è anche questo , rivivere gli stessi giorni senza di te , passare dagli stessi luoghi , rivedere le stesse scene e scoprirsi da soli .
Mi mancano i tuoi occhi , mi manca di sentire il tuo profumo , lo stesso che mi svegliava al mattino . Mi manca di alzarmi al mattino con una tua telefonata , come quando , appena sveglia , mi chiamavi per svegliarci insieme .
Mi manca la tua , la nostra dolcezza . Mi manca lo stare bene con te . Sento tanta sofferenza dentro nel sapere che non ci sarai mai più . Mi mancano le tue carezze , la tua fiducia , il tuo farmi sentire “un altro” , il tuo amore , la tua pelle morbida .
Mi mancano le nostre risate , le nostre battute : avrei tante e tante cose da condividere con te , vorrei poterti dare tanto , ogni giorno di più …
Vorrei poter ancora cantare per te , dedicarti le mie poesie , i miei momenti più belli . vorrei poterti chiamare , felice , quando ho una bella notizia , per gioire insieme .
Voglio ancora poter tremare pensando che dopo poche ore potrò abbracciarti , che finalmente potremo stare insieme , potremo andare in giro per i negozi , come abbiamo sempre fatto , e potremo ancora emozionarci quando vediamo quei piccoli vestitini per quel cuccioletto che sempre abbiamo immaginato .
Quanto mi fa male sapere che adesso quel pensiero non esisterà più , quanto mi fa male sapere che non mi consideri diverso da altre persone che sono già state nel tuo passato .
Rivedo tutti i nostri SMS , le cartoline , le lettere , le mail : quanto amore tra quelle righe , quanto amore nelle nostre parole , nei nostri sogni , nei nostri occhi quando ci guardavamo . Guardo la nostra foto e ripenso a quei giorni in cui stavo bene , in cui eravamo uniti , stretti , insieme . Non voglio perderti , non voglio pensare che non ci sei . Non voglio che tu vada via . Vorrei solo che tu ritornassi qui .
Che bel sogno sarebbe se , per una volta , riuscissi a farti cambiare idea , riuscissi a farti cambiare quella strana ed assurda convinzione , per cui “il passato non deve più tornare” , ed è una cosa che proprio non riesco a sopportare . Essere rilegato a semplice “passato” , quando anche tu mi hai sempre detto che non sono stato una semplice persona , ma ero speciale , ero diverso da tutti gli altri . Non voglio pensare che sia solo una frase “clichet” , detta solo per dire . Non voglio pensarci .
Mi manchi tanto , ti voglio tanto di quel bene , e ti amo tantissimo : quanto vorrei poter passare le feste e i semplici giorni insieme a te , quanto vorrei che tu fossi qui con me , quanto vorrei essere lì per stare insieme qualche giorno , per stare l’uno in compagnia dell’altro .
Quanto vorrei rimanere ancora abbracciato con te .
Perchè non capisci che io sto male per te ? Perchè non capisci quanto io ti amo ?

Quanto mi fa male dover rimanere qui , con le mani in mano , senza poter fare nulla , impotente nel vederti andare via per sempre … Da me …

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