Il dolore passa attraverso le foto

Il dolore passa attraverso le foto

Il dolore passa attraverso le foto, e – con il proverbiale “senno di poi – tutto ti sembra ancora più assurdo, ripensandoci bene…

Il dolore passa attraverso le foto: le cicatrici restano, non vanno via…

Questa sera ho provato una sensazione strana, che – sono certo – è capitata a tante persone: ho rassettato tutti i miei album fotografici, le foto scattate durante questi decenni, e per uno come me, con la grande passione per la fotografia, vi posso assicurare che è molto importante tenere in ordine tutti gli archivi, fare molta attenzione che tutto sia ben catalogato ed accessibile, e questo – logicamente – richiede un lavoro non indifferente, come tante persone – appassionate come me – potranno confermare. Certo che fa strano rivivere il passato: nonostante hai nuove consapevolezze e affronti il presente in maniera diversa, nonostante sai che il passato si chiama così perché – che ti piaccia o no – è ormai alle tue spalle, fa tanta tristezza e rabbia rendersi conto di tutto il male ricevuto, di tutto il tempo donato a persone che non meritano nulla, che hanno fatto carta straccia del tuo cuore, pur sapendo quanto tu tenessi a loro.

Fa male ripensarci adesso, col senno di poi, quando puoi osservare le cose dall’esterno, senza nessuna implicazione sentimentale, senza l’aberrazione del provare in prima persona emozioni che possano distorcere la realtà: fa male e fa rabbia, perché ti rendi conto di quanto le persone possano fare schifo, di quanto le persone possano essere senza scrupoli e senza cuore nel pestare il tuo cuore ed i tuoi sentimenti sotto la suola delle loro scarpe, che diventa ancor più grave ed inaccettabile rendendoti conto che quelle persone conoscevano la tua storia, conoscevano la tua sofferenza, conoscevano il tuo dolore, e non hanno perso tempo a cercare di distruggerti colpendoti dove sapevano che avrebbero potuto farti più male. Anche se mi impegno, anche se cerco di capire – addirittura di giustificare – non posso trovare altre parole se non quel grande senso di schifo che provo per persone così misere e minuscole, così vuote di senso e significato, così mancanti di qualsiasi forma di empatia, sempre pronte ad auto giustificarsi dicendo che “loro hanno sofferto, devono tutelarsi, non possono permettersi il lusso di soffrire ancora!”, e per cercare di avvalorare la loro stupida tesi, portandola avanti in ogni modo possibile, sono pronti a farti del male a viso aperto, perché “il fine giustifica i mezzi!”

È gente miserevole, che appartiene ad un passato immortalato soltanto dalle foto, relegate, rinchiuse in un tempo che è già andato via: rivedendo quelle foto, mi chiedo con che cuore, con che coraggio abbiano saputo mentire così bene, abbiano saputo farti del male così lucidamente… A ben riflettere, quella loro lucidità fa quasi paura! E nonostante, adesso, di tutta quella gente restino soltanto fotografie, pixel su uno schermo, le cicatrici lasciate dalle ferite che ti hanno inferto lasciano ancora il segno sulla pelle. Si guarisce, si va avanti, le ferite si chiudono, le persone si auto condannano a restare nel passato, ma i segni sulla pelle restano e resistono al tempo.

Qualcuno mi ha detto che i segni lasciati dalle cicatrici del dolore sono come medaglie, a ricordarti che ce l’hai fatta e che non devi più commettere lo stesso errore: io, in maniera più diretta, credo soltanto che siano i segni del dolore subito, della violenza scagliata contro cuori troppo grandi, incapaci di inaridirsi.

Perché, ancora una volta, come diceva Loredana Bertè, “il più innamorato è sempre quello sfigato!”

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