Io non vi perdono

Io non vi perdono

Io non vi perdono, perché non meritate di essere perdonati per la vostra cattiveria, per la vostra stupidaggine, per la vostra misera sfrontatezza.

Io non vi perdono, perché non lo meritate.

Nella mia vita ho subito diverse volte gli effetti dell’arma più distruttiva che l’essere umano possa usare su certe persone, quelle più sensibili, quelle di cristallo, quelle che basta un niente e vanno in frantumi: l’arma dell’abbandono, del lasciare solo chiunque ti chieda un briciolo di compagnia. Ne sono uscito forse più a pezzi di prima, ma sempre in piedi, anche se pieno di lividi e di ammaccature: la verità è che fa male, e fa ancora più male quando qualcuno usa su di te un’arma psicologia così potente soltanto per il gusto di farti del male e di vederti soffrire. Io non vi perdono: non vi perdono per il male che mi avete fatto. Non vi perdono perché sapevate che chiedevo soltanto compagnia, e non potete capire cosa significa chiamare uno, due, cinque, dieci numeri e sentire che tutti hanno sempre qualcosa di più importante da fare, renderti conto che nessuno ha tempo per te. Non vi perdono perché mi avete lasciato solo quando io stavo male, quando io avevo più bisogno di una compagnia anche solo per avere una parola di conforto in mezzo a tutto quel niente che mi circondava, ma voi non avevate tempo per me, non avete mai avuto tempo da dedicarmi, perché tutto era sempre più importante, tutto aveva sempre una valenza maggiore. E me le ricordo bene le serate passate a cercare la compagnia di qualcuno, e su dieci, quindici telefonate non c’era nessuno che si degnasse anche soltanto di rispondere e dire “no scusa, ho altro da fare”. Non vi perdono perché sapevate di farmi del male volontariamente, perché sapevate quanto io soffrissi nel vedermi lasciato da solo, quanto io necessitassi anche soltanto di una sola parola per staccare la mente da mille ed un pensiero, da diecimila diverse paure che mi attanagliavano, ma la sola cosa che sapevate dire era che “dovevi imparare a stare da solo, devi darti compagnia da solo”. Non vi perdono perché mi avete volontariamente condannato a seguire il dolore che mi avete scagliato addosso: non posso perdonarvi perché lasciare solo chiunque vi stia chiedendo un minimo di compagnia è una sofferenza troppo grande per chi, di quella compagnia, ne avrebbe fatto tesoro anche solo per ritrovare un briciolo di pace in mezzo al dolore di un tempo troppo stretto per ignorarlo. Ne sono sempre uscito fuori, facendomi male, piangendo quando a nessuno è mai interessato niente di come stavo veramente, perché tanto tutti avevano sempre qualcosa di più importante da fare: non c’è mai stato qualcuno per cui io fossi importante davvero, qualcuno che si rendesse conto di quanto, in quell’istante, io avessi bisogno anche soltanto di trascorrere una serata diversa, anche solamente di un po’ di pace, anche solamente di qualche istante per scambiare una risata, per sorridere. No: sapevate soltanto dirmi che “dovevo stare bene con me stesso”, che non c’era bisogno di fare leva sugli altri: ne sono uscito stando male, ne sono uscito soffrendo mentre tutti quelli che mi hanno lasciato da solo erano a diversi e a sorridere, ma ne sono uscito cambiato, e non so nemmeno se in meglio. Io non vi perdono, perché lasciare solo chi ti sta chiedendo compagnia è un’azione che non si può giustificare in nessuna maniera. l’egoismo, l’egocentrismo di chi decide anche per te: non posso fare finta di niente quando vedo il vostro completo disinteresse, quando mi rendo conto di quanto vi sentiate superiori da nemmeno guardare in faccia le persone che avete condannato a soffrire. Perché si: per certuni, anche soltanto una parola, anche solamente una serata trascorsa seduti su una panchina, può rappresentare la svolta in una giornata di sofferenza che voi nemmeno siete in grado di vedere. Perché non siete mai stati in grado di capire il dolore della gente che avete accanto, figurarsi se si possa anche solo lontanamente pensare che vi rendiate conto di quanto il vostro stupido egoismo possa fare del male. Non vi posso perdonare quando visualizzavate i miei messaggi e li ignoravate volontariamente, non vi posso perdonare quando non vi presentavate agli appuntamenti e restavo solo al tavolo di un bar in mezzo alla gente che rideva e si godeva meravigliose serate, che io passavo a camminare su di un marciapiede vuoto. La cosa che mi fa più male è rendermi conto che non avete imparato un cazzo dal vuoto che siete e che avete dentro: non avete mai imparato a guardarvi allo specchio ma, al contrario, vi lodate come se foste i più importanti personaggi di un universo parallelo che esiste solo nella merda che avete dentro il cervello.
Io non vi perdono: ci passo sopra semplicemente perché ho il dovere di vivere, ho il dovere di portare avanti le responsabilità che ho sulle spalle, ma mi fate talmente schifo che non posso passare sopra di fronte alla vostra vuotezza. Il male che mi avete fatto mi ha cambiato tanto, mi ha sicuramente reso più forte e maggiormente consapevole di quanto si possa superare tutto, anche soffrendo, anche passando nel mezzo di tutto quel dolore che gli altri preferiscono non vedere. Ma so per certo che, per ogni volta che sono stato lasciato solo, per tutte le volte che sono rimasto senza nessuno, per tutte le volte che si è preferito ignorare il tempo insieme piuttosto che avere anche soltanto l’educazione di rispondere ad un telefono, in qualche modo ho capito che avrei sofferto, ma ne sarei uscito fuori. Voi, invece, non vi renderete mai conto di quanto siate esseri senza nessuna dignità. Ma è tutto inutile: siete talmente tanto abituati a vivere in mezzo al letame, che vi sembra oro.

Ed è questo che vi condannerà, spero, ad essere completamente invisibili.

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