La notte e il vuoto ti riportano indietro...

La notte e il vuoto ti riportano indietro

La notte e il vuoto ti riportano indietro… Tutto va via, silenziosamente, mentre resti a guardare il tempo che sembra stranamente immobile…

La notte e il vuoto ti riportano indietro… Il passato, a volte, sembra volere, ancora, essere presente…

La notte è il momento in cui tutto torna, in cui pensieri, le sensazioni, quel maledetto vuoto che fa sentire la sua eco proprio nel silenzio di una città che dorme, ti fanno tornare addosso tutte le sensazioni ed i ricordi che ti sei lasciato alle spalle. È come avere paura di voltarsi indietro, per non vedere quello che è passato, quello che hai lasciato, e che vive soltanto nella tua mente: nel silenzio di questa notte, i ricordi tagliano peggio delle lame, e in silenzio fanno esplodere quel senso di vuoto che sembra esistere in mezzo allo spazio immobile delle ore in cui non c’è nemmeno la luna, e tutto sembra diventare quasi incantato, quasi come se un incantesimo avesse bloccato gli oggetti e le strade tutto intorno, come dipinti statici perfettamente fermi lungo il vuoto del cielo tinto di quel particolare blu che solo la notte sa disegnare. Ascoltando il vuoto, ascoltando gli odori della notte, la mente torna indietro, ai colori, ai ricordi, all’azzurro delle mattine d’estate, quando tutto sembrava essere sovrastato da una luce vivida ed intensa, quando i colori sembravano essere più sereni, quando l’aria sembrava avere un altro odore, un altro sapore.
Poi, la vita ha fatto il resto: quei colori sono sbiaditi, mentre ti rendi conto che la realtà è ben differente dal sogno, e quelle speranze così eteree sono diventate polvere volata via con il vento di un qualsiasi pomeriggio, mentre sembra di sentire ancora quegli stessi odori, mentre sembra di sentire ancora quelle stesse sensazioni, anche se sai che la vita ha cancellato la vividezza di quella luce, la serenità di quelle mattine, il sole tiepido che spuntava oltre i palazzi, i sogni degli adolescenti. E la mia mente torna indietro alle ombre degli alberi disegnate lungo il giardino, alle cicale che, a fine aprile, e nei primi giorni di maggio, iniziavano a cantare fin da mezzogiorno e mezzo, mentre restavo senza parole ad osservare la meraviglia di quello che i miei occhi vedevano, l’immensità e la libertà di un cielo che si perdeva a vista d’occhio. E poi, mentre una lacrima cade senza che neanche me ne accorga, torno violentemente alla realtà di oggi, e mi rendo conto che il tempo non perdona.

E lascio che il silenzio di questa notte porti il ricordo con se.

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