Perché continui a starci male?

Perché continui a starci male

Perché continui a starci male? E’ una domanda che pone tanti interrogativi, certo, ma da anche tante risposte. Soprattutto a noi stessi.

Perché continui a starci male? Una domanda per tante, troppe risposte.

E’ una domanda così banale ma così maledettamente intrisa di contenuti e ragioni… Qualche giorno fa, in Accademia, il mio Maestro, che mi segue, che sa, che conosce la mia storia, perché ha sempre avuto il santissimo dono di ASCOLTARMI, fin dal primo giorno, anche a discapito di far tardi a lezione e farmela recuperare se è il caso, mi ha posto questa domanda…

Perché ci stai ancora male? A che ti serve? A cosa ti serve flagellarti ancora? Serve forse a cambiare le cose? Potrei capire se il tuo flagellarti portasse ad un qualsiasi risultato, ma a cosa ti serve?

E’ una giusta domanda, ma non è semplice masochismo, altrimenti sarebbe soltanto la voglia spicciola di farsi del male, e questa è una cosa che in tanti, in troppi, sembrano non avere capito, tanto che, certe volte, mi è decisamente passata la voglia di far capire alla gente che non è certo un divertimento soffrire in questo modo, non è certo una gioia sentire la mancanza di qualcuno che hai ancora dentro, di qualcuno che sai amare ancora, anche se sai perfettamente e coscientemente che quella persona ti ha fatto del male, ti ha umiliato, ti ha deriso, ti ha distrutto. Io lo so, certo, ma che gli dico al cuore? Il cuore non intende, certo, capire queste cose: è una sorta di “metalivello”, se posso usare un termine così particolare: il cuore, semplicemente, “scompone” i sentimenti, li riduce ai livelli minimi, li rende unità di significato più piccole (scusate, per ora sto studiando Semiotica per l’Università, verso il prossimo titolo che intendo prendere, e sono bloccato male con questo tipo di ragionamenti! N.D.Giomba) e li scinde, li depriva di ogni significato non puro, non produttivo, non realistico.

Il cuore è un filtro, una “maglia” che se ne fotte dell’idea che qualcuno possa averti fatto del male: ciò che conta, per lui, è la sensazione primigenia, il sentimento vero che senti verso qualcuno, le sensazioni che nascono nella parte più profonda e recondita di te, e tutto questo prescinde dai ragionamenti del cervello, dalla razionalità, dai ragionamenti, dai pensieri. Non è bello sentirsi così, come non è sicuramente bello sapere che qualcuno ti fatto male davvero, ma tu senti ancora forte, fortissimo, il sentimento che ti legava, che è stato troncato senza un inizio e senza una fine: è come un filo che è stato tagliato a metà, senza spiegazioni. L’abbandono, di fatto, è esattamente questo: anziché chiarire, anziché prendere una posizione, la persona lascia tutto in un limbo, lascia tutto in sospeso, senza capire cosa e come. Tutto rimane in una nuvola, a metà: non sai cosa pensa l’altro, resti con mille dubbi, cerchi di capire. Ed è esattamente questa la vera crudeltà e la vera conseguenza diretta sulla salute di chi viene abbandonato!

Allora, “perché continui”? Forse piango soltanto le conseguenze fisiche e psicologiche di un abbandono che pesa, così come, e ne sono certo, io so quello che provo, ma altre persone – al mio contrario – magari vanno anche a (cercare di) ignorare quello che magari sentono ancora dentro, perché “non possono deludere le aspettative”, perché non possono sottrarsi al lavaggio del cervello fatto da persone terze, magari anche vicine a loro, che dall’alto della loro ROSA (sembra una frase senza senso, ma vi assicuro che c’è un messaggio subliminale sotto riservato a pochi!) pensano di impartire lezioni di psicologia spicciola, convincendo gli altri che devono togliersi dalla testa un determinato amore, perché “contiene red flags”.

Questa è una cosa che non potrò mai dimenticare, quando qualcuno disse di me che “non andavo bene come persona perché avevo delle red flags”. E a dirlo era una persona che augurava “l’infarto a chi la pensava diversamente da lei” (chiedo scusa per la brutalità di questa frase, ma è tutto documentato…), vantandosi di essere “una brutta persona”, oltre ad altri epiteti molto poco carini di cui questa persona si vanta e di cui, addirittura, ne fa un merito. Alla faccia di tutte le battaglie a favore delle donne che si sbraccia, tanto, a combattere, più per immagine che per reale convincimento… Anche perché, le donne dovrebbero vergognarsi di essere rappresentate da esseri simili, e dovrebbero provare vergogna anche solo a condividere la stessa anidride carbonica con questi esseri deviati e tossici, rappresentazione VERA ED UMANA di quello che, realmente, sono le “red flags”. Ma lasciamo perdere…

Ad ogni modo, tornando nel flusso del discorso principale, chi ti abbandona pretende anche di dover essere ringraziato: se ha preferito lasciarti “a metà”, se ha preferito non darti spiegazioni, non esporsi, non chiarire, non prendere posizione, ma semplicemente sparire, “lo ha fatto per non ferirti”, “lo ha fatto per non dirti, brutalmente la verità”. Peccato che, in questo modo, abbia contribuito maggiormente alla distribuzione del tuo equilibrio psicofisico! E allora, perché ci sto ancora male? Perché al contrario di chi pensa che si possa cambiare in pochi mesi, diventando quello che non si è soltanto per ripicca, io sono sempre rimasto la stessa persona, con lo stesso amore, con gli stessi sentimenti, con gli stessi progetti, con lo stesso cuore. E ritrovarsi così, a vivere ancora un sentimento che è stato semplicemente “tagliato”, come un filo elettrico attaccato alla presa di corrente che è stato tagliato, troncato, e ne è rimasta una parte ancora attaccata alla presa di corrente, e una parte volante, in terra.

Ecco, credo che sia questa la metafora migliore per indicare quello che vivo e che si vive quando si viene abbandonati e ghostati: ah si, il ghosting, quello che certa gente giustifica e valuta nella ROSA delle possibilità di comportamenti giustificati, di cui non ci si deve neppure vergognare!

Si resta con il cuore a metà, non capisci perché provi ancora delle cose, resti con i dubbi, con tutte quelle cose maledettamente non dette, maledettamente rimaste in questo limbo, in questa incertezza: le sensazioni del vuoto e della mancanza si mischiano, ti distruggono, si diluiscono e creano tanto dolore, un mix distruttivo, che spacca il tempo, che lo rende trasparente, invisibile. Ecco perché, forse, io continuo ancora a starci male: non è nemmeno una giustificazione ne, di fatto, c’è nulla da dover giustificare, ci mancherebbe pure. Però, boh… Sento che le cose, forse, devono prendere una strada diversa. Forse mi sto soltanto illudendo, forse sono soltanto uno stupido, e va anche bene così alla fine. Non importa. Eppure, se ci sto ancora male, forse, c’è ancora un perché. E quel perché è in quegli occhi che non potevano mentire. E il perché è in quelle frasi che non potevano essere fasulle. Se ci sto ancora male é perché sento qualcosa, qualcosa di forte, di più forte di me. Non lo so cos’è, non lo so. Ma sento che esiste. Ci vuole una forza gigantesca, ne sono consapevole. Ma sento che è questa la strada. Mi sto soltanto illudendo forse, mi va anche bene. Ma certe sensazioni, certe intuizioni, certe cose le senti e sono forti, troppo forti per essere ignorate.

Io ci sono arrivato. Ad un certo punto, ogni cuore capisce ciò che ha perduto, e che, forse, non ne valeva proprio la pena. Sarà tardi? Sarà ancora in tempo? Lo valuteremo al momento debito: nell’attesa, io resto qui, ad essere sempre me stesso, così come sono, così come scrivo, così come vivo. Amo, sto male, sto bene, sorrido, piango, sono triste, sono arrabbiato, sono deluso, ma sono IO, sempre e soltanto io: indossare una maschera, mille maschere non fa per me. Ed è proprio questo che da fastidio a molti, perché chi è sempre se stesso non fa altro che sbatterti addosso la verità.

E la verità fa sempre male. Specie in chi sa di avere sbagliato.

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