Perduto in una sera di luglio

Perduto in una sera di luglio

Perduto in una sera di luglio, attanagliato dai ricordi e da tutto quello che mi manca, e non smette affatto di mancarmi, giorno per giorno.

Perduto in una sera di luglio, in mezzo a mille ricordi…

Questa sera ero stanco, molto stanco, e la mia mente è ritornata indietro a qualche mese fa, per la precisione sette mesi, senza che neanche me ne sia accorto o che lo abbia fatto apposta! Era il 22 luglio, ed era una serata stranamente tiepida, non bollente: si stava bene quella sera, ed era una sera di belle speranze, di bei ricordi, perché rappresentava – o forse doveva rappresentare – un nuovo inizio, un nuovo modo di vivere quello che doveva essere, per noi, la voglia di coltivare, ancora una volta, il nostro amore.

Io, col senno di poi, posso dire che ci credevo e ci ho creduto davvero, e mi conosco troppo bene per dire che non ci crederei ancora.

Quello che, però, mi resta di più di quella sera, non è soltanto la meraviglia delle foto che scattammo: per quanto io sia stupido a pensarla così, so per certo che quegli occhi non hanno più riso come ridevano in quelle foto, in quel modo così sincero e vero, di cuore, spontaneo. No, sono certo che non abbiano più riso in quel modo. Non era neanche la voce del custode del giardino pubblico che ci ripeteva, ancora, di andare via, perché aveva fretta di chiudere, e neanche le foto al tramonto meraviglioso che avevamo di fronte.

Ho ancora davanti agli occhi, tra le dita, la meraviglia di quella serata: ricordo come fosse ieri – e invece sono passati sette mesi, e nemmeno me ne rendo conto… – la videochiamata fatta insieme ad un amico, e poi, d’improvviso, la curiosità, la gioia di ritrovarci tra strade e straduzze di un quartiere a me sconosciuto, di una zona di città che non conoscevo, che non ho mai conosciuto. Eppure, camminare con le dita tra le dita, mi faceva sentire per certi versi invincibile e completo: camminando per quei vicoli e quelle strade così strane e vuote, arrivammo al ristorante che ci ospitò quella sera, dove conoscemmo quei giovani ragazzi che si sarebbero sposati da li a poco… Non li ho più visti: chissà se, almeno loro, hanno avuto il coraggio di amarsi davvero, e abbiano scelto di tenersi, anziché di abbandonarsi e distruggersi…

E poi, la sera divenne, improvvisamente, incredibile: ricordo che mi prendesti per la mano, e mi portasti in quella piazzetta vuota, tra un palazzo e l’altro, dove mi raccontasti della tua infanzia, di quella zona che conoscevi come le tue tasche. Ed io ricordo ogni centimetro di quella strada vissuta con te, di quei posti che, nonostante abbia visto ancora tante volte da quel momento, non riescono più ad avere lo stesso sapore, lo stesso odore, lo stesso colore che avevano nel viverli insieme.

Mi chiedesti, poi, di spostarci verso il centro, per vedere le luci, il centro storico illuminato, e ricordo molto bene quella sera per il piccolo e simpatico dramma vissuto tra una cosa e l’altra… Ti ricordi quel negozio con quella dama di cristallo in vetrina, proprio al centro? E ti ricordi di tutta quella voglia di non perderci, di non lasciarci mai? Non ti ho mai detto che, da quel momento, quelle strade non le ho più cancellate, anche se tu hai cancellato me, e non riesco ancora a capacitarmi di quanto bastarda sia la vita, certe volte: adesso che tu sei li, a pochi metri da quelle strade, tutte le promesse sono diventate polvere perduta nel vento. I progetti, le giornate da vivere, le cose ancora da fare, tutto perduto come quel maledetto giorno in cui sei sparita.

E non riuscirò mai a dimenticare che il giorno in cui te ne sei andata, acquistai il mio pianoforte, peraltro da una signora con il tuo stesso cognome, proprio ad una strada di distanza dal luogo del nostro primo incontro, dove abbiamo trascorso quella sera indimenticabile. E per quanto il tempo sia passato, e per quanto tu abbia deciso per tutti e due, senza pietà, senza cuore e coraggio, io rivivrei tutto, e mi darei ancora cento, mille possibilità. Riavvolgerei altre mille volte il nastro e ricombatterei ogni singola battaglia, una dopo l’altra, per tornare a vivere ancora le medesime emozioni. Come in questa sera, perduto in una sera di luglio.

Fa male rendersi conto che nulla esiste più per una scelta deliberata e volontaria, di una singola persona che ha deciso per due vite, per il dolore dell’altro, e per il futuro di entrambi: rivivrei ancora quelle emozioni, rivivrei ancora l’abbraccio, rivivrei ancora tutto. E ancora adesso mi chiedo perché non hai avuto il coraggio di tenermi. Di tenerci. Di sceglierci. Perché ci hai distrutto? Cosa ne hai guadagnato? Soldi? Fortuna? Che cosa? Dimmelo almeno, ti prego.

Questa sera la mia mente torna indietro maledettamente, e sento una tra le peggiori sensazioni che un essere umano possa provare: ho voglia di piangere, i miei muscoli si sforzano, il diaframma si contrae, il viso diventa bollente, ma le lacrime non riescono ad uscire. Ed è come se tutto fosse pietra. Ed è come se avessi voglia di urlare tutto il dolore, tutta la voglia, tutto il bisogno che ho dentro. Ho soltanto dovuto vivere la vita che tu hai scelto per me. Ma lascia che ti dica la verità: forse ti illudi, forse credi di essere stata la persona più forte, la persona che ha vinto. Ma ti sbagli. Ti sbagli atrocemente. Perché soltanto io t’avrei amato a modo mio: non sono perfetto, a volte cado giù e piango, ma ti giuro che t’avrei reso la persona più importante, la persona più voluta bene in assoluto, la persona che mai avrei lasciato. Perché amare è esattamente questo: avere il coraggio di tenersi. Avere le palle di tenersi.

Amare è avere LE PALLE di scegliersi. Ogni giorno.

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