Trovo ancora i tuoi capelli per casa

Trovo ancora i tuoi capelli per casa

Trovo ancora i tuoi capelli per casa, e ti assicuro che mi fa male. Mi fa malissimo, più di quello che puoi immaginare. Più di quello che pensi.

Trovo ancora i tuoi capelli per casa. E questa cosa riesce ancora a farmi male.

Trovo ancora i tuoi capelli per casa: da quando sei andata via, ho pulito dieci, forse centinaia di volte le pulizie, ho passato straccio, scopa, mi sono piegato in due, per terra… Eppure tu continui ad esistere, ed in qualche maniera continuano ad esistere parti di te: mi fa male ricordarti così, e ritrovare in giro tracce di te che mi uccidono ogni qualvolta ritorno con la mente a quei luoghi in cui eri tanto di casa, in cui eri a casa “nostra”, mia e tua. Non doveva essere questo il finale: mi ricordo quanto ti facesse arrabbiare il fatto che perdessi i capelli e si ritrovassero in giro per tutta la casa, e nonostante io abbia cercato, meticolosamente, in ogni millimetro quadrato, trovo ancora tracce di te che mi fanno male. Maledettamente male. E’ stato facile, per te, dimenticare: hai cambiato aria, vita, zona, luoghi, e non è rimasto niente di me, anzi… Dovrei dire che sei stata abile a far si che non rimanesse niente di me, niente di ciò che ero, niente di ciò che è rimasto da quel giorno in cui te ne sei andata via senza dire neppure una parola, è proprio il caso di dirlo, chiusa in un mutismo selettivo e punitivo che mi ammazzava e mi distruggeva ogni santo giorno!

Ricordo quanto sono stato cretino: ti scrivevo per ore intere, e tu non facevi altro che evitare di visualizzare, e continuavi la tua vita dimostrandomi quanto, per te, io non contassi niente, io non valessi niente, come non valeva niente il mio dolore, come non valeva niente il mio chiederti perché mi facessi male in quella maniera… Sono state settimane di dolore immenso, che ti auguro di non provare mai, e sei stata TU ad infliggermelo, senza nessuna pietà: mi ripetevi che “da ora in poi ci saremmo sempre detti tutto per amore del nostro rapporto”, e mi hai giurato che non saresti mai scappata via, eppure mi hai inferto la stupida punizione del silenzio, che neppure meritavo. Ricordo quando sono venuto fin li per chiederti che cosa avessi con me per distruggermi in questa maniera, e mi sono fatto mezza Palermo in stampelle: non so se ero talmente cretino da non rendermi conto di come mi stessi trattando o se ti amavo a tale punto da nemmeno pensarci. E nonostante ho suonato il citofono, non mi hai nemmeno risposto.

Riguardavo il mio WhatsApp, e leggevo almeno 1000 schermate piene del mio dolore che continuavo ad urlarti, mentre tu, serenamente, ti voltavi dall’altra parte a fare la tua vita, a viverti il tuo tempo serena, ignorando me che affogavo nel dolore che tu mi hai gettato addosso senza nessuna pietà. Rileggevo tutto il mio dolore, e mentre piangevo, mentre ho pianto per settimane, per mesi, mi chiedevo come potesse essere una persona così spietata, incapace anche soltanto di rendersi conto di come stesse distruggendo quella persona che viveva per lei, e mi tornano alla mente le parole di chi mi dice che “chi ha i denti non ha il pane”… Riguardavo tutte le cose che scrivevo, e ti ho scritto lungo tutto maggio, giugno, agosto, settembre, e tu riuscivi, con grande nonchalance e grande serenità, a portare avanti la tua vita nella più totale e bieca indifferenza: io passavo le mie serate a piangere, a piangere per ore da solo, a parlare di te ai miei amici, e tu eri in riva al mare, in teatro, in giro per il mondo chissà dove, a lasciarmi fottere nel mio dolore, come quando sganci una bomba e te ne vai attendendo che la bomba esploda mentre attendi le conseguenze. Però io non ho odio, rabbia, rancore verso di te: credimi, non ne ho! Sono solamente io a chiedermi perché abbia tenuto così tanto a te per ottenere promesse fasulle che si è portato via il vento, ed è per questo che fa male il tuo continuare ad esserci, prepotentemente.

Non doveva andare così, ed è questo che mi fa male: ho passando e sto passando mesi di dolore infernale. La sera piango da solo, in casa, quando nessuno si accorge di niente, e tanti goccioloni bagnano gli spartiti che sto studiando, perché mi sembra incredibile averti dato il mio cuore, la mia vita, tutto quello che mi apparteneva, e rendermi conto di quanto tu possa essere stata così inutilmente, stupidamente sadica, cattiva, senza pietà. Perché, poi? Ma in fondo riesco anche a capirti: prendersela con chi ti ama, prendersela con chi vedeva in te il suo futuro, con chi vedeva in te la sua vita, i suoi progetti, in fondo è facile. E’ facile prendere il cuore di chi ti ha donato ogni angolo della sua vita e farne poltiglia: e mentre mi perdo, buttato in mezzo alle mie lacrime, mi sembra ancora di sentire la tua voce che mi chiama, le promesse che mi facevi, e le lacrime quando eri da sola, ed io ero con te, al telefono, alle sei del mattino, a cercare di calmarti per le tue paure. E rivedo ancora le cose che mi scrivevi, rivedo ancora ricordi e parole, risate e spensieratezza. E mi perdo in questo dolore che, talvolta, mi prende senza che io possa fare nulla: dovrei essere abituato a piangere da solo e sentirmi pietrificare le lacrime sul volto, ma probabilmente non ci si abitua mai davvero del tutto, ed in qualche modo dovrei anche rendermi conto che questo dolore me lo hai scaraventato addosso tu, ma credo che non ci sia nulla da recriminare, o da arrabbiarsi. In fondo, sei tu che hai rinunciato a me, perché io non lo avrei mai fatto!

Ammetto, però, che mi fa paura sapere che sei così. Mi fa paura sapere che possa esistere una persona in grado di voltarsi dall’altra parte e vivere serenamente la propria vita per mesi sapendo che c’è qualcuno che cerca solo di capire, ogni giorno, per tanti mesi, il perché di quel comportamento, di quel silenzio punitivo, di quella cattiveria. Mi fa paura sapere che possa esistere un essere umano così. Mi fa molta paura. E pensare che mi raccontavi, un giorno, di quel bimbo o bimba che avresti voluto avere: non riesco a credere che sia tu quella stessa persona che mi ha inferto il più grosso dolore possibile, che mi fa ancora più male sapendo che mi hai colpito senza pietà usando l’arma che sapevi avesse potuto farmi più male: l’abbandono. Sapevi che tante volte ho provato questo dolore nella mia vita, e non hai esitato un singolo istante a farmi male: mentre, come ogni sera, mi ritrovo a piangere nel silenzio di questa stanza, ripenso a tutto il dolore riversato in quei messaggi, ripenso alla tua indifferenza, ripenso a tutto quell’amore sprecato inutilmente.

E provo solo un enorme, gigantesco senso di vuoto…

Scrivi un commento

SEGUIMI ORA SU INSTAGRAM: Scopri i reel, le dirette e tantissimi contenuti esclusivi! CLICCA QUI!