Voi non sapete quello che io ho passato e sto passando...

Voi non sapete quello che io ho passato e sto passando

Voi non sapete quello che io ho passato e sto passando: parole di dolore che distruggono il tempo nel silenzio che, talvolta, rimane tutto intorno…

Voi non sapete quello che io ho passato e sto passando: le parole lasciano spazio al dolore. E viceversa.

Voi non sapete quello che io ho passato e sto passando: al netto di pochi, pochissimi amici veri, fidati, che conoscono le ferite del mio passato, lasciatemi da gente senza scrupoli, e quelle del mio presente, lasciatemi, ancora una volta, senza nessuna pietà, non potete capire, non potete sapere quello che ho passato e sto passando, quello che sto patendo ogni giorno, ormai, da mesi. Ho avuto la fortuna, in questo ultimo periodo, di incontrare gente che non mi ha mai giudicato, e parlo di amici vecchi e nuovi: ho incontrato amici di sempre che non hanno mai giudicato le mie lacrime ed il mio pianto, ma, al contrario, lo hanno accolto, in quelle sere in cui mi trovavano in qualche angolo di marciapiede a piangere mentre camminavo, dicendo che era “l’allergia” a farmi lacrimare gli occhi.

Non potete capire cosa significa ritrovarti con lo stomaco in fiamme, la sensazione di stare vomitando tutto da un momento all’altro, e renderti conto che la sofferenza di questo maledetto dolore si sta abbattendo sul tuo corpo nel modo migliore possibile. Non potete capire, non potete sapere cosa significa restare aggrappati a speranze, parole, per cercare di dare un senso al dolore che provi, per cercare di giustificare la sofferenza del tuo cuore, la sofferenza interiore di quelle sere passate a piangere davanti ad uno schermo, con il cellulare in mano a rivedere foto e ricordi, storie, video, a risentire l’unica voce che è rimasta, l’unica possibilità che ti è rimasta per sentire una voce, una voce che mi scaldi l’anima, una voce che mi riesca a dare sollievo, che riesca a far passare tutto quel maledetto dolore che sento dentro… Non potete capire cosa significa sentire lo stesso dolore che doveva essermi evitato: quel dolore che mi hanno inferto in passato, uguale, senza pietà, che era conosciuto, di cui avevo parlato, e che avevo pregato, in ginocchio, di non farmi mai più provare. Eppure, nessuno ha perso tempo per piantarmi il coltello del dolore in mezzo alla schiena, senza nessun rimorso, senza nessun dolore, senza nessun tipo di rimpianto. Zero.

Vorrei che la gente provasse, sentisse cosa significa provare il dolore che mi porto appresso da mesi, che viene con me ovunque io vada, che non mi abbandona, che magari si sopisce un po’ stando con i miei amici di sempre, ma spesso si trasforma in minuti interi di lacrime, di dolore, di silenzio, di sofferenza, di male, male davvero presente, male che mi circonda, che mi distrugge, che mi fa a pezzi, esattamente come tutte quelle maledette volte, di notte, fermo al semaforo, a guardare la pioggia che scende, illuminato soltanto dalle luci, tutto intorno, mentre piangevo tutto il dolore che avevo – e che ho – dentro… Che può capire la gente di cosa si prova a vederti togliere l’amore e vedere quanta gente gode di esserci riuscita: renderti conto che questo amore è stato talmente poco importante per quella che era l’altra parte di me, da non stare nemmeno ad impuntarsi per difenderlo, da non guardarmi negli occhi, da non voler nemmeno ascoltare tutte le proverbiali “campane”.

Già, gli eventi. E’ maledettamente terribile quando qualcuno riesce a convincere una persona di eventi che non sono mai accaduti, e quella persona, pedissequamente, resta ad ascoltare, resta a sentire senza nemmeno porsi il dubbio di verificare con il diretto interessato come sono andate le cose. Che ne sapete voi? Che ne sapete di cosa significare patire pene e colpe che nemmeno ho, cose che non ho nemmeno pensato lontanamente, e nemmeno essermi data la possibilità di dimostrare quanto si stesse agendo solo per ripicca, solo per sbaglio, solo per una sfida contro me stesso. Si, perché essere riusciti a dividerci era la sfida di qualcuno, era la sfida che qualcuno si è divertito a vincere, addirittura festeggiando per esserci riusciti. Ma che cazzo vi festeggiate a fare? A cosa festeggiate? Al trionfo del dolore? Ma no, non è una cosa che mi importa, affatto.

La cosa che mi fa più male è che nemmeno ci sia stato modo di guardarsi negli occhi, anche soltanto per dirsi: “guarda, le cose non sono andate come le vedi tu o come ti hanno fatto credere”. Ma questi sono tutti discorsi che, in amore, non dovrebbero nemmeno esistere! In amore dovresti sempre e comunque salvaguardare chi ami, perché metà dell’amore che senti appartiene a quella persona! Non dovresti ammazzarla dal dolore, non dovresti credere a quello che gli altri ti insufflano in mente usandoti come pedina per vincere le loro sfide, non dovresti abbandonare, non dovresti fare del male, non dovresti stare in silenzio, non dovresti fare soffrire.

Ed ecco perché chi ama, chi ama maledettamente, come me, si porta appresso il più triste e pesante dei dolore che possano esserci: io amo, mi faccio forte del cuore immenso che ho, nonostante le sue ferite, nonostante il male che mi hanno fatto, nonostante il dolore assurdo che mi porto appresso. Vi prego, vi prego. Ricordatevi di tutto questo la prossima volta che mi guardate in faccia, la prossima volta che vedete i miei occhi stanchi, lucidi, bruciati dal pianto e dalle lacrime. Ricordatevi di tutto il cuore che ci ho sempre messo, e che, adesso, mi ha distrutto un’altra volta. Anzi no. Non è il mio cuore ad avermi distrutto. E’ l’irriconoscenza degli altri ad avermi fatto del male, ferito nel rendermi di conto di quanto, ancora una volta, ho sperato che il mio amore fosse davvero importante per qualcuno, fosse davvero fonte di speranza per qualcuno che, quelle speranze, voleva condividerle con me.

Raccolgo, ancora una volta, le mie ferite esangui, e proseguo a perdermi tra le lacrime, quando nessuno mi vede. Anche se tanti di voi mi ripetono “non sei solo”, anche se tanti mi ringraziano con parole di affetto e non mi hanno mai fatto mancare anche solo una parola, anche solo un sorriso, ricordatevi che di fronte all’esteriorità del mio corpo, io, sento le mie crepe a farmi male, ogni giorno di più, ogni giorno un po’.

Poi piango e un po’ mi passa. E poi ricomincia.

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