Alzheimer, la malattia si sviluppa nell'area dell'umore: la scienza conferma

Alzheimer - La malattia nasce nell'area dell'umore

Alzheimer e nuove speranze: una recente scoperta, infatti, dimostra che la malattia si sviluppa nell’area cerebrale dell’umore. Scopriamo i dettagli.

Alzheimer: una malattia che, ancora, oggi, resta non del tutto guaribile, con conseguenze non indifferenti per tutti coloro che ne soffrono. Da una recente scoperta dei ricercatori, però, possono arrivare nuove speranze: sembra, infatti, che la malattia si sviluppi nell’area cerebrale deputata all’umore e non in quella dei ricordi!

A confermarlo è una ricerca italiana in collaborazione con la Fondazione IRCCS Santa Lucia e del CNR di Roma: l’origine della malattia, infatti, va cercata proprio nell’area collegata agli sbalzi d’umore, dal momento che sono proprio i neuroni di quest’area a morire con le deleterie conseguenze, purtroppo, ben note. 

Questo fa, quindi, pensare che la depressione possa essere un segnale d’allarme per un successivo sviluppo dell’Alzheimer, che, lo ricordiamo, colpisce 47 milioni di persone in tutto il mondo: ancor più nello specifico, la ricerca smentisce quanto si è creduto fino ad ora, ovvero che l’Alzheimer partisse da una degenerazione delle cellule dell’ippocampo, area deputata ai ricordi. Al contrario, secondo gli esperti la malattia va, invece, ricercata nell’area tegmentale ventrale, dove viene prodotta la dopamina, il neurotrasmettitore strettamente legato ai fisturbi d’umore. E’ in quest’area che scatta l’effetto domino che porta, poi, alla malattia: la morte dei neuroni deputati alla produzione della dopamina scatenano il mancato apporto della sostanza nell’ippocampo, che, a propria volta, scatena il tilt più totale, portando alla definitiva perdita dei ricordi, che, purtroppo, com’è noto, è un segno distintivo della malattia in questione.

Ecco, quindi, perché i cambiamenti d’umore da sempre associati all’Alzheimer sono un utile “campanello d’allarme” per diagnosticare tempestivamente la malattia. A tal proposito gli esperti rammentano che:

L’area tegmentale ventrale rilascia dopamina anche nell’area che controlla la gratificazione. Per cui, con la degenerazione dei neuroni dopaminergici, aumenta anche il rischio di perdita di iniziativa. Perdita di memoria e depressione, quindi, sono due facce della stessa medaglia.

Ci auguriamo, quindi, che questa scoperta possa essere utile per mettere in atto importanti passi avanti verso la definitiva cura della malattia: ancora una volta, come spesso diciamo, la speranza è in mano alla scienza!

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