Comicità, la maschera della tristezza

Qualche tempo fa, parlavo con un’amica, psicologa, che mi raccontava che “la comicità è, spesso, maschera della tristezza”. In fondo, non ha tutti i torti…

La metafora di ciò può essere Pierrot, il pagliaccio triste da sempre rappresentato con una lacrima: lui fa ridere ma forse, dentro se, è triste, e questo spiega il perchè di una maschera. Quella maschera che lo frappone tra la sua tristezza in relazione alla finta allegria che è costretto a mostrare nei confronti degli altri, pur di poter vivere!

Chi da sempre si dimostra una persona comica, spiritosa, divertente, nella maggior parte dei casi ha sofferto, o soffre, e usa proprio questa “comicità” per non mostrare al mondo la sua sofferenza: ci sono tanti esempi di personaggi famosi, che hanno fatto storia proprio per la loro c0micità, la cui vita non è mai stata facile!

Il concetto di comico triste rende perfettamente l’idea: dovremmo sempre ricordarcene la prossima volta che un comico, alla TV, ci fa ridere a crepapelle!

Chissà quali sofferenze hanno caratterizzato la sua vita: chissà se ancora adesso è triste. Lo stesso ragionamento possiamo trasporlo alla vita di tutti i giorni: spesso, tra i nostri amici o colleghi, c’è sempre qualcuno più simpatico degli altri, che si mette in mostra per la sua simpatia innata, per la sua capacità di far sorridere in maniera assolutamente semplice, quasi come se gli venisse naturale. Pensiamoci: siamo sicuri che la sua simpatia sia frutto soltanto della sua simpatia? Cosa ha provato nella sua vita? Perchè ha “sviluppato” la “corazza” dell’ilarità? Da cosa vuole difendersi? Cosa non vuole mostrare?

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